Volontariato

Solo 20mila volontari,bservizio civile addio?

anticipazioni È questo il numero degli avvii previsti per il 2009

di Redazione

«È un collasso, ora qualcuno potrebbe anche pensare di uscire dal sistema», rivela Fausto Casini della Cnesc. Che propone una via d’uscita: fisco più leggero, contributi regionali e sponsor privati V entimila volontari. Non uno di più. Sarà questo l’esito della cura dimagrante a cui negli ultimi mesi è stato sottoposto il servizio civile nazionale. Ovviamente se il ministro Giulio Tremonti non metterà, nelle prossime settimane, mano al portafoglio. Il che sarebbe una lieta sorpresa.
I numeri, glaciali, sono emersi in occasione di un recente “faccia a faccia” privato fra il direttore dell’ufficio nazionale
Leonzio Borea e i rappresentanti delle sigle aderenti alla Cnesc (la Conferenza nazionale degli enti di servizio civile, che rappresenta poco meno della metà delle sigle aderenti al Scn). Un incontro programmato da tempo per discutere l’applicazione della normativa sulla sicurezza del lavoro, la 626, nelle sedi di attuazione, durante la quale – a quanto si apprende – Borea avrebbe deciso di mettere in guardia le associazioni.
In sintesi, queste le parole direttore dell’Unsc: cari amici, fate i vostri conti perché con le risorse che ho in portafoglio, per il 2009, non sarò in grado di assicurare più di 20mila volontari. La metà dei quali, stante l’attuale ripartizione, confluirebbe nella quota regionale del Fondo. Agli enti nazionali non “rimarrebbero” dunque che 10mila giovani da avviare. Mai dal 2003 ad oggi, ovvero dopo la fase di rodaggio del Scn, nato nel dicembre del 2001, si era registrato un dato così basso.
Il servizio civile è arrivato dunque al capolinea? Parebbe proprio di sì. «Di certo non alzeremo bandiera bianca, ma con questi numeri siamo al di sotto della soglia di sopravvivenza», risponde il portavoce della Cnesc,
Fausto Casini . Un rapido calcolo: al 31 dicembre 2007 le sedi accreditate erano 55.101. A conti fatti, quindi, l’anno prossimo ogni sede sarebbe presidiata, si fa per dire, da 0,36 volontari. Ancora Casini: «Di fronte a questo collasso – lo dico a prescindere dalle responsabilità politiche che appartengono ad entrambi gli schieramenti – ci sono le condizioni non solo per una mobilitazione degli enti, ma anche, al rovescio, perché qualcuno di noi possa fare un passo indietro». «Non nascondiamoci dietro un dito», continua, «quello che si prospetta di fatto è un anno senza servizio civile».
La congiuntura economica però è quella che è. Tanto che risulta persino difficile pensare che l’ormai famoso “tesoretto” da 33 milioni di euro, accantonato dalla gestione Padoa Schioppa, possa ossigenare (ammesso che dal nuovo inquilino di via XX Settembre giunga il via libera) le casse dell’Uffico nazionale. Lo stesso Borea, fra l’altro proprio su queste colonne, ha già smentito l’ipotesi di un bando straordinario. Mangiare questa minestra o saltare dalla finestra? A prima vista, per dirla con un refrain caro a Di Pietro, sarebbe questa la poco rassicurante alternativa che si prospetta agli enti. E invece proprio da Casini arriva l’ipotesi di una exit strategy . Un percorso in tre punti. Primo: introdurre lo status di volontario in servizio civile. «In questo modo si alleggerirebbe la pressione fiscale, in primis l’Irap, che grava sulle posizioni di servizio civile». Secondo: spingere le Regioni a contribuire al fondo nazionale, «anche perché ormai la metà dei volontari è inquadrato nella loro gestione». Terzo: attrarre risorse private. «Ammetto che a qualcuno possa spaventare un’ipotesi di questo tipo», conclude il numero uno della Cnesc, «ma credo che ormai sia giunto il momento per mettere sul tappeto la questione».


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