Economia

Europa, vigiliabdi un terremoto

Tremano le banche-paese

di Redazione

Istituti che hanno esposizioni più grandi del Pil delle loro nazioni. Vedi il caso di Londra… I l caso Aig ha messo in evidenza un altro tipo di interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, ovvero un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Dall’allegato K-10 del suo ultimo rapporto annuale, si scopre infatti che Aig aveva venduto alle banche europee contratti di assicurazione sul rischio di default sui propri crediti alla clientela per più di 300 miliardi di dollari. La relazione al bilancio specifica che lo scopo di questa copertura era precisamente quello di ridurre i requisiti di capitale imposti alle banche europee. Pertanto, un’eventuale insolvenza di Aig avrebbe lasciato le banche europee senza il capitale necessario a far fronte agli impegni, con probabili effetti devastanti sul loro rating e la fiducia nei mercati.
Ciò spiega anche perché l’approfondirsi della crisi di Aig ha colpito anche i valori di Borsa dei titoli bancari europei. Di fatto, con il suo intervento, il Tesoro americano ha salvato anche il sistema bancario europeo. Tuttavia, nel caso di liquidazione di Aig, le banche europee dovranno in tutta fretta irrobustire il proprio capitale per somme considerevoli.

Gli spillover positivi
Le banche europee beneficeranno della grande nazionalizzazione del sistema finanziario statunitense ora in corso.
La stabilizzazione dei prezzi dei “toxic assets” avrà un effetto positivo per tutti gli investitori che li hanno comprati. Ma non è chiaro quante di queste attività rimangono nei bilanci delle banche europee, né quanto volatili si riveleranno le fonti di raccolta di fondi per finanziarli se la fiducia non verrà presto ristabilita.
Intanto, anche la Bce ha dovuto sovraccaricarsi di attività di dubbia qualità per importi enormi.
Troppo grande per fallire e troppo grande da salvare?
Il problema principale da questo lato dell’Atlantico è che le maggiori banche europee sono diventate non solo troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate (
vedi tabella ). Ad esempio, le passività totali della Deutsche Bank ammontano a circa 2mila miliardi di euro, più di quelle di Fannie Mae, pari a oltre l’80% del Pil tedesco. Un numero semplicemente troppo grande perché la Bundesbank, o anche il governo tedesco, possa intervenire a salvarla, considerando anche che il bilancio della Germania è legato alle regole del Patto europeo di stabilità e crescita e che il governo tedesco, diversamente dal Tesoro americano, non può ordinare alla sua banca centrale di creare più moneta.
Allo stesso modo, le passività totali della Barclays ammontano a circa 1.300 miliardi di sterline, un ammontare superiore al Pil britannico. Fortis Bank, di recente apparsa spesso sui quotidiani, ha un leverage pari a “solo” 33, ma le passività sono molto più elevate del Pil del suo Paese di origine, il Belgio. Dunque, i regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria. Non possono più contentarsi di discutere blande “road map” di convergenza regolamentare, ma farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

La Bce deve farsene carico
Dato che le soluzioni per le maggiori istituzioni non possono più essere trovate a livello nazionale, è evidente che la Bce dovrà farsene carico, essendo l’unica istituzione dell’area euro in grado di emettere importi illimitati di moneta in euro. Le autorità del Regno Unito e della Svizzera, che non possono contare sulla Bce, possono solamente pregare affinché nessun incidente accada ai giganti che hanno nel proprio giardino.


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