Non profit
Stop alla piazza Affari dei numeri di telefono
L'intervento del Garante per la privacy
di Redazione
Alla fine il Garante ha messo nero su bianco il suo “stop”. Basta alle chiamate indesiderate e irrispettose della privacy, generate da un (mal) trattamento dei dati personali effettuato da tre società di gestione di banche dati per lo meno distratte: avendo “dimenticato” di chiedere il consenso al trattamento dei loro dati agli interessati e senza informarli che le informazioni su di loro sarebbero stati cedute a terzi (o informandoli in maniera inadeguata), continuavano a mettere sulla telematica “piazza affari” milioni di numeri telefonici, vendendoli alle aziende che puntano sul teleselling. Ammiro Partners, Consodata e Telextra, a seguito della decisione del Garante (assunta all’inizio di settembre), non potranno più trattare quei dati personali (salvo incorrere in sanzioni penali), mentre alcuni loro clienti (fra cui aziende importanti come Wind, Fastweb, Tiscali e Sky) non avranno più la possibilità di usare i database che avevano acquistato dalle prime (giacché avrebbero dovuto, sostiene il Garante, accertare che gli abbonati avessero acconsentito alla comunicazione dei propri dati e al loro uso per fini commmerciali).
Una decisione che mette fine a un’epoca probabilmente, ristabilisce la priorità della riservatezza e riguarda milioni di famiglie italiane, molte delle quali nemmeno erano al corrente di essere state “inserite” in questi database.
Esultano – ovviamente – i consumatori che potranno con maggior serenità sedersi a tavola per i loro pasti (l’ora del pranzo e quella della cena erano naturalmente le preferite per il marketing telefonico). Come spiega nell’intervista qui sotto Mauro Paissan, che è stato relatore del provvedimento, il Garante per la protezione dei dati personali ha deciso il drastico provvedimento in seguito al crescente numero di segnalazioni di utenti infastiditi da “squillo selvaggio”: legittimamente protestavano per le continue telefonate subite senza alcun consenso. Meno contenti, ovviamente, i gestori dei call center che realizzano le chiamate utilizzando le informazioni fornite dalle società di banche dati. Secondo Assocontact, per esempio, l’associazione che raggruppa i contact center in outsourcing (che, in pratica, telefonano per conto terzi), sarebbero 30mila i posti di lavoro a rischio (per lo pù giovani, per lo più del Sud). Le disposizioni del Garante, si legge in un loro comunicato, «rischiano di limitare fortemente l’attività di telemarketing outbound».
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