Welfare
Alfano: più lavoro, meno recidiva
II futuro del sistema penale e la riforma della giustizia: parla il ministro della Giustizia
di Redazione

«In primo luogo stiamo verificando l’esigenza di tecnologie che li rendano ad evasione zero». È prudente il ministro Angelino Alfano rispondendo a chi gli chiede se il braccialetto (il cui utilizzo è stato ipotizzato nelle scorse settimane) permetterà ai detenuti di accedere a un lavoro qualificato. Il lavoro, è noto, è la strada migliore per abbattere (e di moltissimo: secondo gli esperti del 90%) la recidiva, ma è ancora troppo poco praticata (solo circa mille detenuti su quasi 60mila hanno un lavoro qualificato).
Criticità di cui è consapevole lo stesso guardasigilli: lo aveva detto al Meeting di Rimini, lo ha confermato rispondendo alla domanda di Vita, a Milano, in occasione di un incontro con gli studenti dell’università Cattolica organizzato dalla Fondazione Europa Civiltà: «Il sistema carcerario deve essere riformato. Il nostro governo, che si è presentato come esecutivo del rigore, intende essere anche quello dell’umanità. E quindi occorre far sì che chi ha scontato la sua pena riesca a reinserirsi nel mondo del lavoro».
Non ci saranno però cambiamenti se non all’interno di una riforma complessiva che «fronteggi l’emergenza, acceleri la giustizia oggi troppo lenta per i cittadini e le imprese e sia imperniata sul realismo, la responsabilità e la centralità della persona». «Avere otto milioni di procedimenti pendenti crea sfiducia verso lo Stato; al centro della nostra iniziativa deve esserci il cittadino, la persona», spiega Alfano. Che aggiunge: «Uno degli aspetti fondamentali è stabilire, di fronte a un giudice terzo, la perfetta parità fra l’avvocato della difesa e quello dell’accusa, l’attuale pm. Se quest’ultimo è collega del giudice, che parità effettiva può esserci? Il testo non è pronto ma questa è l’idea di fondo».
Quanto ai processi pendenti, non esclude il ministro che «si studino meccanismi per valutare la produttività dei magistrati, legandola al numero dei processi chiusi, non di quelli aperti. La celerità e la produttività dovrebbero sostituire il semplice criterio di anzianità per quanto riguarda la carriera». Né gli dispiacerebbe reintrodurre l’obbligo della toga: «I simboli sono importanti», spiega. Quanto a un altro, assai più discusso obbligo – quello relativo all’azione penale – il ministro puntualizza la sua opinione: «Si tratta di un principio di grande valore giuridico ma di impossibile realizzazione. Per questo riteniamo opportuno predeterminare i criteri relativi alle priorità d’intervento».
Fra gli altri capitoli della riforma, Alfano ha indicato «il processo civile, la riforma delle professioni giuridiche e quella relativa alla composizione del Consiglio superiore della magistratura, l’istituzione di un Tribunale della famiglia, nuove misure per favorire la conciliazione in sede civile, mentre non è nell’agenda del governo l’ipotesi di rendere elettiva la carriera dei giudici».
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