Welfare

profit e non profitper non dimenticare chi dimentica

alzheimer Il punto sull'assistenza in un convegno milanese

di Redazione

Una cura neurologica effettiva per la malattia di Alzheimer non è ancora stata scoperta, ma questo è solo uno dei tanti problemi che si trovano ad affrontare ogni anno in Italia gli 80mila nuovi malati, che si vanno aggiungere ai 520mila già esistenti. Anno dopo anno, il bisogno d’assistenza aumenta; molte strutture sono al limite della dignità umana; i mezzi di comunicazione snobbano le notizie sul tema; la politica pensa più ai tagli che agli aumenti di fondi per la ricerca; i costi per le famiglie di un malato sono arrivate a oltre 10mila euro l’anno; la spesa sociale per l’assistenza a lungo termine ai non autosufficienti ammonta a 15-17 miliardi di euro. Per coprire il fabbisogno reale, servirebbero almeno 4 miliardi di euro in più. Senza contare che il processo di invecchiamento della popolazione italiana, superiore alla media europea, farà della non autosufficienza un vero allarme sociale.
Anche se il quadro non è incoraggiante, e lascia presupporre che la malattia di Alzheimer potrebbe trasformarsi in una sorta di “epidemia”, le competenze e professionalità del mondo della sanità, del non profit e del profit che si sono riunite a Milano il 19 settembre in occasione del convegno Alzheimer e longevità organizzato da Vita e Allianz, oltre a lanciare l’ennesimo allarme, hanno anche raccontato la faccia solidale, propositiva e attiva della società civile nei confronti della lotta contro questa malattia. Il settore infatti non è più marginale come anni fa. «La sensibilità nei confronti di questo argomento è in ascesa», ha affermato Marco Trabucchi, presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria. Gli ha fatto eco il medico Giuseppe Galetti, presente al convegno in rappresentanza della Fondazione Don Gnocchi, che ha ricordato come ci sia una forte volontà e motivazione degli operatori a rimanere a sostegno del fragile, «e questa è una delle risposte più belle che si possono dare per confermare il sì alla vita».
Dal punto di vista pratico, invece, realtà, servizi e iniziative a favore dei malati esistono ma il sistema-Paese non aiuta i talenti a diventare eccellenze. «Ecco perché», ha suggerito Trabucchi, «bisogna concentrarsi e investire sulla governance di sistema che coordini i servizi, che per fortuna non mancano. Una migliore gestione di risposte “leggere” (centri diurni, assistenza a domicilio) e “pesanti” (ricoveri in residenze sanitarie) offrirebbe vantaggi enormi anche in termini di riduzione di costi».
Sono anche in aumento le iniziative nel non profit, come quella del progetto Alzheimer Cafè della Fondazione Manuli, che dimostra come la semplice cura della vicinanza, che la fondazione ha tradotto in pratica con l’organizzazione settimanale di semplici attività di gruppo, oltre a spezzare l’isolamento del malato, sia in grado di risvegliare interessi, sensazioni, emozioni e di aiutare anche il caregiver a uscire dall’autoisolamento e a riprendere una vita di relazioni. Nuove idee e proposte vengono anche dal mondo profit delle assicurazioni. Savino Dipasquale, responsabile Sviluppo prodotti vita Allianz, ha spiegato che per diminuire i costi sostenuti dalla comunità e dalle famiglie si potrebbe investire sulle polizze long term care, un sistema integrato pubblico-privato di assistenza per i non autosufficienti.

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