Formazione

Un posto per mille. Clandestini compresi

Sette associazioni, un sindacato e la diocesi di Lecce alleata con le chiese evangeliche lanciano la campagna di accoglienza.

di Paolo Giovannelli

Mentre il governo italiano decide di non applicare più il decreto di protezione umanitaria a coloro che sbarcheranno in Italia, dopo una burocraticamente troppo tempestiva presa d?atto della fine dello stato di guerra in Kosovo? sette importanti associazioni di volontariato (Acli, Focus Casa dei diritti sociali, Cies, Cir, Copir, Ctm Movimondo, Ics), più l?Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), il sindacato Uil, l?arcidiocesi di Lecce, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), avviano il programma ?Azione comune?? per l?assistenza ai rifugiati provenienti dall?area balcanica, in particolare dal Kosovo e dalle regioni confinanti. Due visioni del mondo a confronto, o meglio, a scontro. Perché se al ministero dell?Interno devono esserci evidentemente riusciti, i volontari, invece, non riescono proprio a capire (testoni loro, evidentemente) la differenza fra un kosovaro di etnia albanese che fugge, fra un serbo del Kosovo che fugge e un rom del Kosovo che fugge esattamente come gli altri due. Quindi, come hanno insistito per ottenere garanzie (fra cui l?opzione di poter avanzare domanda di diritto d?asilo) per i kosovari albanesi, il cui afflusso verso le coste italiane sta ovviamente diminuendo, rivendicano ora le stesse possibilità per ?i cattivi? di un tempo: ossia quei serbi che non si sono mossi verso Belgrado all?avanzata delle milizie dell?Uck e i Rom. Da qui nasce il programma umanitario ?Azione comune? creato dal volontariato italiano: un?offerta di 1000 posti letto e alloggio in 20 luoghi diversi d?Italia (fra cui Roma, Firenze, Comiso, Lecce), dove stanno affluendo proprio in queste ore persone che hanno ancora bisogno di sentirsi al sicuro, di essere accolte e protette. «Il progetto è dell?Unione europea, durerà fino al prossimo 31 dicembre ed è mirato ad accogliere chi fugge dal Kosovo», spiega l?operatore di Focus Casa dei diritti sociali, Manfred Bergmann. Fino agli accordi di Schengen e di Dublino, in Italia non esistevano centri di accoglienza temporanea: anche per questo la qualità di tale programma si basa soprattutto sulla risposta efficace delle associazioni coinvolte. Particolarità di ?Azione comune?, continua Bergmann, «è che si privilegierà, con sostegni economici, l?accoglienza diretta che le famiglie italiane vorranno offrire ai rifugiati. Lo stesso vale per gli enti e altre associazioni di volontariato che volessero adottare una famiglia o un gruppo di rifugiati». «Decentralizzare la solidarietà, sfruttare piccole strutture di accoglienza», aggiunge la responsabile del Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche (Fcei), Anne Marie Dupré, «è fondamentale per tutelare le persone più fragili e per assicurare loro una permanenza più lunga». Il programma, volto a facilitare l?inserimento dei rifugiati intenzionati a stabilirsi in Italia, finanziato dall?Unione europea ma anche da fondi governativi, punta quindi a migliorare l?offerta del welfare italiano. «Infatti», nota ancora Bergmann, «appena un 3% dei kosovari si è fermato finora in Italia, Paese usato giusto come transito per raggiungere Paesi quali Germania e Belgio, dove lo stato sociale è più forte». Oltre all?accoglienza, le associazioni di volontariato di ?Azione comune? assicureranno i cosiddetti servizi trasversali, fra i quali troveranno posto l?assistenza medico-sanitaria, la ricomposizione delle famiglie, l?interpretariato e la mediazione culturale. Capofila di ?Azione comune? per l?assistenza dei rifugiati (dall?inizio del 1999 circa 10 mila persone sono giunte in Italia dalla ex-Jugoslavia, di cui 5 mila dal Kosovo) è il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), che gestisce il coordinamento fra le organizzazioni partecipanti, in collaborazione con l?Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) e la Direzione generale dei servizi civili del ministero dell?Interno, cui spetta erogare anche parte dei finanziamenti del programma.


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