Formazione

Anche l’Ocse boccia la scuola italiana

Solo il 45% degli iscritti all'Università discute la tesi finale

di Redazione

I dati prodotti dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel rapporto annuale sull’istruzione sono legna sul fuoco del dibattito italiano. Gli aspetti più macroscopici per quanto riguarda l’Italia sono il gran numero di insegnanti nella scuola secondaria e l’altrettanto notevole (in negativo) livello dei loro stipendi.
Lo stipendio di un maestro di scuola elementare con 15 anni di esperienza si assesta attorno ai 29.287 dollari, in sesta posizione nella classifica Ocse ma con prospettive preoccupanti: gli stipendi infatti crescono ogni anno meno della media Ocse. Se tra il 1996 e il 2006 gli stipendi in Italia sono cresciuti dell’11%, nei paesi Ocse l’incremento medio è stato del 15%.
“La spesa”, secondo Andreas Schleicher, responsabile delle ricerche sull’istruzione dell’Ocse, “non è il difetto principale dell’Italia”. Che anzi, per quanto riguarda la scuola primaria investe più risorse della media Ocse, 6.835 dollari per alunno contro 6.252 dollari e per la scuola secondaria è in linea con la spesa Ocse, 7.648 dollari contro 7.804. Il vero problema dell’Italia è invece “come vengono spesi” i fondi elargiti dallo Stato. “Esattamente il contrario”, ha aggiunto Schleicher, “di quanto fa, ad esempio, un paese come la Corea del Sud”, dove invece il numero dei professori è minore e il loro stipendio è più alto.
Anche sul fronte dell’università sono evidenziati difetti storici: altissimo tasso d’abbandono negli atenei italiani – primo tra i paesi Ocse – e indici di spesa per studente universitario molto al di sotto della media, circa un quarto. Per l’università i paesi Ocse spendono 11.512 dollari per ogni studente, mentre l’Italia ne investe solo 8.026. E se da un lato solo il 19% dei 25-34enni italiani possono vantare un diploma di laurea – dato ben distante dal 33% della media Ocse -, dall’altro il tasso di laurea dei nuovi studenti è passato dal 17% del 2000 al 39% del 2006. Un risultato importante che, sottolinea il rapporto Ocse, «va largamente attribuito alla riforma del 2002, quando agli studenti iscritti a corsi di laurea (pre riforma) è stata data la possibilità di concludere gli studi in tre anni». Ben pochi però arrivano a discutere la tesi: solo il 45% degli iscritti – a fronte di una media Ocse del 69%. Al di sotto della media di Cile e Messico, in una classifica impietosa che vede l’Italia fanalino di coda insieme a Brasile, Turchia, Repubblica Ceca e Slovacchia.


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