Non profit

Crisafulli cambia idea: «Non riesco a sopportare questa lunga ed atroce sofferenza di Stato»

Lettera aperta di Salvatore Crisafulli, risveglaitosi dallo stato vegetativo, a Silvio Berlusconi

di Sara De Carli

Era stato battezzato l’anti-Welby, per aver scritto a Piergiorgio invitandolo a cambiare idea. Ora l’idea l’ha cambiata lui, stanco dell’indifferenza e delle mancate risposte che trova nella sua battaglia per vivere. Protagonista di un discussissimo digiuno pochi mesi fa, in una nuova lunga lettera a Berlusconi chiede un intervento immediato della politica a favore dei disabili gravissimi, per rispettare il loro diritto di vivere. Altrimenti, dice, «chiederò pubblicamente di porre fine alla mia esistenza. Perdonatemi tutti, ma io non riesco a sopportare questa lunga ed atroce sofferenza di Stato». Eccone una parte.

«Il mio e nostro dramma non può essere più sottotaciuto, io non ce la faccio più.
In Sicilia tutti nascondono il mio caso, non importa il passato, quello che oggi importa è il presente e il futuro, voltiamo una volta per tutte pagina.
Ad oggi non chiedo l’eutanasia, chiedo di vivere dignitosamente ma se le mie richieste non verranno soddisfatte, con strazio e sofferenza chiederò pubblicamente di porre fine alla mia esistenza incaricando una persona a me tanto cara, di soddisfare le mie richieste, di essere trasportato in un altro luogo, lontano dalla Sicilia, (stabilendo tempi e modalità) e, ove necessita, effettuare una registrazione video. Se riusciremo in tempo mi piacerebbe incontrare alcuni personaggi sparsi per l’Italia che in quest’ultimo periodo mi sono stati veramente vicini.
Mi dispiace per tutte quelle persone che credevano in me e nella mia lotta per la vita.
Mi dispiace per tutte quelle persone che in questi lunghi anni di sofferenza mi hanno veramente sostenuto, inviandomi anche numerose lettere.
Mi dispiace per tutti i fratelli ed i loro familiari che vivono nelle mie stesse condizioni (anche peggio), a loro chiedo scusa e perdono.
Ma soprattutto e in particolare mi dispiace per la mia onorata e splendida famiglia. Mamma perdonami, d’altronde sei già molto sofferente e ammalata e lo sai che non hai più le forze per accudirmi amorevolmente.
Perdonatemi tutti, ma io non riesco a sopportare questa lunga ed atroce sofferenza di Stato.
La supplico di prendermi in considerazione, non voglio essere trattato come un malato terminale, voglio essere assistito adeguatamente, ci vuole una nuova coscienza civile di questo gravissimo problema lungamente messo da parte, perché a tutti potrebbe capitare il mio stesso inconveniente.
Caro Presidente in attesa del mio più grande sogno (incontrarla), le invio i miei saluti e mi affido alla sua parola, ringraziandola anticipatamente per l’attenzione e la disponibilità».


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