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I Comboniani a Onu e ong: i vostri aiuti, aiutano la guerra

Dichiarazione choc dei Comboniani a Nairobi: gli aiuti umanitari aiutano la guerra. Né dà notizia Fides

di Redazione

La dichiarazione dei Missionari Comboniani del Sud Sudan in assemblea a Nairobi ha suscitato sorpresa e sconcerto. “La guerra, immorale e tragica, non ha nulla a che fare con la libertà, è un affare di potere, d’affari, e di arricchimento alle spalle dei poveri. Le ONG e le chiese contribuiscono a perpetuare la guerra con gli aiuti umanitari che, anche se non intenzionalmente, finiscono per approvvigionare le fazioni in Guerra”. Non è possibile che dopo due milioni di morti, quattro milioni di profughi all’interno del paese e seicentomila profughi all’estero, un milione e mezzo di dollari spesi quotidianamente dai belligeranti e altrettanti dalle organizzazioni internazionali di soccorso per mantenere in vita la tormentata popolazione della zona di conflitto, la guerra civile del Sudan possa protrarsi per diciotto anni senza che se ne intraveda la fine. Viene il dubbio che le grandi risorse finanziarie in gioco siano un elemento per la continuazione del conflitto. Furono le popolazioni africane del Sud Sudan e dei Monti Nuba nel Nord Sudan a cominciare la guerra civile. Lo scopo era ottenere una costituzione “secolare” che permettesse la convivenza sul piano di parità tra Musulmani, Cristiani e seguaci della Religione Tradizionale Africana. Di recente altre forze si sono aggiunte: il Fronte Beja nel Nord Est e il Fronte Fur nel Nord ovest del Sudan, entrambi in lotta contro il predominio del regime islamico di Khartoum, (al potere dal 1989). E intanto il Sudan è trascinato in un baratro senza fondo. Ma il grande assente è l’interesse della gente del Paese. Nel Sud Sudan i guerriglieri sembrano aver perso di vista il fine; sono in disaccordo sui modi per conseguirlo e continuano a dividersi in fazioni e gruppi che fanno l’altalena delle alleanze; i loro capi si comportano da veri “signori della guerra”, che reclamano pieni diritti sulle proprie “baronie”. Gli Organismi Internazionali fanno del loro meglio per attutire gli effetti devastanti della guerra, distribuendo aiuti umanitari con una spesa giornaliera di un milione e mezzo di dollari, tanto quanto ne spende il governo di Khartoum per la guerra. La critica dei Comboniani cade su tali aiuti che mirano alla sopravvivenza della gente ma non alla soluzione del conflitto. In più, i belligeranti ne approfittano: si esimano dal dovere di sfamare la gente della regione, si riforniscono di viveri e reclamano una percentuale di tali aiuti. Ciò permette loro di continuare a restare sul piede di guerra senza la necessità di imboccare l’unica via che porta alla pace: quella dalle trattative diplomatiche. “Finché c’è guerra, c’è speranza” raccontava un vecchio film sui mercanti europei e mercati africani di armi. Perché l’ONU, molto presente sul piano umanitario, non fa altrettanto su quello diplomatico?


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