Formazione

Grazia farà ridere il Sole

Arriva alla politica dopo tanta militanza nell’associazionismo ecologista con un progetto ambizioso: rivoltare come un calzino finanza, sindacati e consumatori.

di Cristina Giudici

Prendete un po? d?intelligenza cosmica, quella che serve per curare le piante sul terrazzo di casa e allo stesso tempo per pensare ai futuro dei ghiacciai della Patagonia che si ritirano. Mescolatela con un po? di sana ironia, quella che aiuta a sgambettare fra i tavoli della politica senza ammalarsi di cuore e di cinismo. Aggiungete vent?anni di militanza nel volontariato ambientalista e una fede incrollabile nella forza della società civile. Risultato? Avrete Grazia Francescato, presidente dimissionaria del Wwf International e nuova speranza dei Verdi che, dopo la batosta delle elezioni europee, hanno deciso quasi all?unanimità di eleggerla presidente del comitato promotore che li traghetterà verso l?assemblea costituente del 2000. Cinquantadue anni di cui trenta passati a difendere le foreste, manifestare contro il nucleare e l?abusivismo edilizio (oggi ribattezzato eco-mafia), la biodiversità, il legame fra l?emancipazione femminile (e femminista) e la battaglia planetaria. La Francescato è stata gettata sul podio della politica per guidare il cambiamento dei Verdi, oggi persi in mille rivoli, divisi e accecati dagli asti e dai fantasiosi appiattimenti filo-governativi. Quei Verdi, ex ragazzi del movimento, che si sono persi dietro le quinte cercando di strappare pezzetti di «miserando potere», come ha detto lei stessa all?assemblea straordinaria del Sole che ride, ma che oggi hanno avuto il coraggio di rimettere (almeno apparentemente) tutto in discussione per provare a ricominciare da capo. La vocazione di Grazia Francescato è nata presto, quando aveva 17 anni e viveva a Oleggio Castello, sul lago Maggiore, «dove gli alberi erano più alti delle case e ho imparato, dai nonni, ad amare la natura». Poi, a metà degli anni 60, in America, anzi in Pennsylvania, dove ha studiato e conosciuto l?esordio nel movimento ambientalista, l?Earth day, e poi a casa, con Italia Nostra prima e il Wwf più tardi. Mentre la passione per la politica con la P maiuscola e quella per il pianeta terra crescevano, ha fatto la giornalista. «Erano i tempi in cui percorrevamo a piedi l?Appia antica per disegnare una mappa dell?abusivismo edilizio e buttavamo sabbia nei motori delle ruspe sperando di fermarle», ricorda ridendo. «Il mio primo stipendio preso al Daily American l?ho speso per stampare manifesti a lutto contro l?inquinamento. Andavamo in piazza con le maschere a gas e tutti pensavano che fossimo dei pazzi scatenati». Poi il mondo è cambiato. É finita la prima Repubblica e forse anche la seconda, ma la società non è migliorata tanto e il mondo si è ammalato. L?effetto serra, il surriscaldamento del pianeta, l?emergenza idrica, l?estinzione delle specie, il cambiamento del clima, sono all?ordine del giorno o almeno dovrebbero esserlo. Ecco la sua sfida, riportare i Verdi sulla retta via. «Normal business for normal people», ( interessi normali per gente normale) e «Think globally, act locally», (pensa globalmente, agisci localmente), sono i suoi slogan preferiti che denunciano una strana e accattivante coerenza. Fino a oggi, quando le è arrivata l?investitura politica. «Ho sempre rifiutato le candidature», dice. «Perché il Wwf, dove ho lavorato dal 1992, ha sempre rifiutato le alleanze partitiche, ma anche perché credo molto nella forza dirompente del Terzo settore. La mia candidatura riflette un?esigenza fisiologia della politica che è in crisi e quindi chiede al mondo del volontariato di aiutarla a rinascere. Mettiamola così: i Verdi sono una specie utile alla causa ambientalista, ma in via di estinzione, e come tale va aiutata a sopravvivere. Non sono Santa Rita, (la santa che secondo la leggenda popolare ha fatto rifiorire una pianta morta), ma la mia condizione irrinunciabile per far parte dei Verdi è contribuire alla loro rinascita, alla valorizzazione della loro identità e della diversità che in questi anni è stata annacquata. Non dico che non bisogna pronunciarsi su Ocalan, le pensioni, la guerra, ma certo non dobbiamo appiattirci sulle posizioni di governo». Grazia Francescato ha obiettivi chiari sulle sfide dei Verdi di fine millennio. Prima di tutto, in agenda, ci va lo sviluppo ecosostenibile, «il matrimonio fra ecologia ed economia, tirando fuori dall?angolino l?ecologia, ?mischiando le tribù?: il mondo della finanza, dei trasporti, del lavoro, cercando alleanze a 360 gradi con i consumatori, i sindacati, le imprese; coniugando efficienza, tecnologia e riduzione dei consumi. Ormai non abbiamo più tempo: in trent?anni ci siamo mangiati il 30 per cento delle risorse naturali mondiali, abbiamo perso la metà del verde che copriva la terra e oggi ci sono 80 Paesi colpiti dalla crisi idrica. Insomma, il professor Mathis Wackernagle ci ha già avvertito: andando avanti così avremo bisogno di un altro pianeta. Non si può più aspettare: lo sviluppo ecosostenibile deve essere all?ordine del giorno nell?agenda politica, nella vita di tutti i giorni, ai summit internazionali, nelle scelte dei governi». Ma le sfide che il neo presidente dei Verdi vuole portare all?ordine del giorno sono tante: ecomafia, biodiversità, biotecnologie, manipolazione genetica, lo sviluppo della banca etica e poi la battaglia contro la povertà culturale. «La conoscenza, la capacità di aprirsi sentieri che collegano i mondi, le culture, i diversi saperi, è alla base della rivoluzione che vogliamo fare. Solo così si può curare l?orto di casa e le foreste. Solo così potremo rinnovare il mondo, il nostro impegno e resuscitare il cadavere della politica». L?elezione di Grazia Francescato, che si definisce una «donna in corriera e non in carriera» e si ostina a non usare il telefonino e ha fatto sua la frase pronunciata da Alex Langer «le radiazioni del palazzo sono più micidiali di quelle delle centrali nucleari», è indubbiamente un segno dei tempi. Tempi nuovi, in cui, una nuova classe dirigente, tenuta a lungo nell?incubatrice del volontariato, sta emergendo. Pronta a percorrere nuove strade, quelle di un sodalizio maturo e paritario fra società e politica. «Noi volontari rappresentiamo il 3 per cento dell?economia italiana, veniamo dal basso, siamo abituati a rimboccarci le maniche, a lavorare senza perderci nei meandri della cucina dei politicanti. E siamo numerosi. Da tempo ci chiamano per tappare i buchi, su tutti i fronti. Ora stanno arrivando segnali anche dal mondo politico. Spero che questo significhi davvero l?inizio di una nuova era».


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