Welfare

Meeting, salvare la quarta settimana? Occorre anche la fiducia nel futuro

Avanza la povertà, ma per contrastarla non bastano solo ricette economiche, occorre una svolta di tipo culturale

di Antonietta Nembri

da Rimini

La quarta settimana, quella che vede molte famiglie arrancare, è stata al centro di un incontro al Meeting di Rimini coordinato da Marco Lucchini, direttore del Banco Alimentare che, come lo stesso Lucchini sottolinea è un osservatorio privilegiato «con il lavoro di questi vent’anni riusciamo a rilevare anche in anticipo certi fenomeni». L’Italia e le sue famiglie si stanno impoverendo anche perché la vera povertà è la solitudine osserva ancora il direttore del Banco Alimentare «il povero accompagnato può affrontare la crisi», ma serva anche un’educazione alla riscoperta delle proprie risorse «noi quest’anno abbiamo ricevuto 10mila tonnellate di pasta in meno a causa delle crisi – rivela Lucchini – ma quando spiegavamo ce si poteva fare la pasta anche con farina e acqua, soprattutto molte donne giovani ci guardavano stupiti».

A parlare dell’impoverimento delle famiglie italiane sono stati chiamati  Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, Enrico Letta parlamentare del Pd e il professor Luigi Campiglio, prorettore e ordinario di Politica economica alla Cattolica di Milano. Ed è stato proprio Campiglio a presentare il ritratto della situazione con una serie di slides su prezzi e inflazione media. Accanto a dati stranoti come l’impennata dei prezzi di pane e pasta, rincarati rispettivamente del 13 e del 25 per cento o dei carburanti (più 17%) ci sono generi sotto media come elettrodomestici, scarpe, vestiti (tra l’uno e il 2 per cento) o addirittura che sono diminuiti come i farmaci o i costi della telefonia mobile (meno 18%). A preoccupare è il dato della casa: «Nel 1996 – ha detto il docente della Cattolica – per una casa di cento metri quadrati ci volevano otto annualità di stipendio. Oggi ce ne vogliono dodici. La cosa più allarmante è che i tre quarti della ricchezza recente è imputabile all’aumento del valore dei fabbricati. Un fenomeno che può farci andare incontro a brutte sorprese». Ma per il prorettore della Cattolica «i momenti di crisi sono quelli in cui si fanno i grandi cambiamenti» e ha visto in due iniziative, i banchi alimentari e le iniziative di microcredito delle «forme di innovazione sociale».
Per Enrico Letta occorre dare una risposta a quattro problemi: demografico, prezzi, redditi e povertà che sono legati tra loro, visto che il welfare all’italiana ha sempre fatto affidamento sul welfare familiare, ma oggi non è più possibile. «Lo stato sociale deve fare quello che fanno in Francia e in Scandinavia, mentre il nostro welfare è bloccato da pensioni e sanità, mancano le politiche di conciliazione tra lavoro e maternità. Oggi le famiglie sono un ammortizzatore sociale, ma i nonni di domani non potranno più assolvere a questo compito» ha detto Letta che sulla questione povertà ha fatto mea culpa: «sono dieci anni che non se ne ragiona a livello politico, dalla commissione Onofri». Attirandosi qui una “bacchettata” da Lucchini che ha ricordato a Letta come la commissione sull’esclusione presenta ogni anno una relazione, ma «è la politica a essere distratta».

Oggi i pensionati, e non solo loro, se la passano male e alla quarta settimana gli incassi della grande distribuzione vanno a picco. «Ma pochi si rendono conto che quelli che cominciano a lavorare oggi, andranno in pensione con un tasso di copertura pari al 45% del loro ultimo stipendio. Costoro come faranno?» si è chiesto Profumo osservando che i futuri pensionati avranno praticamente degli assegni sociali come pensione, se  non si avvierà immediatamente un sistema di pensioni integrative. Sull’invecchiamento del Paese che non è solo un problema demografico, ma anche culturale ha osservato che «quando si invecchia si cercano sicurezze e si è meno aperti alla novità e al cambiamento. Allora, chi guida il Paese, in economia come in politica, deve avere idee chiare su dove vuole andare e spiegare perché andarci, diversamente i problemi si aggraveranno».

La più grave conseguenza di questo stato di cose, secondo i tre relatori, è che si va diffondendo un clima di incertezza e di sfiducia nei confronti del futuro. «Non c’è più la vitalità e la voglia di crescere degli anni Sessanta», hanno detto Campiglio e Profumo. Per il prorettore della Cattolica si tratta di un problema educativo, la cui responsabilità ricade anche sulle famiglie. «Gli adulti e i genitori sembrano non avere più la vitalità di una volta e comunque non la comunicano ai figli. Oggi nessuno fornisce motivazioni e si trascura il fatto che gli interventi educativi più efficaci possono avvenire in un ristretto arco di anni». Ciò che manca davvero, insomma, è un’inizione di fiducia nel futuro e per questa serve una svolta culturale

 


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