Economia
E ora per Tokyo siamo il modello
Economisti nipponici sbarcano da noi per studiare il sistema cooperativo di Cgm. E possibilmente copiarlo. Ecco perch
di Paolo Manzo
Un viaggio di studio. Per analizzare il modello della cooperazione italiana e vedere cosa potrebbe essere importato a casa loro. In Giappone. Kennichi Kitajima è un esimio professore d?economia all?università di Matsuyama, a pochi chilometri da Tokyo, ma la semplicità con cui esterna la sua sorpresa positiva colpisce: «Siamo andati da Cgm perché siamo interessati alle coop sociali di casa vostra». E i motivi dell?ammirazione li spiega Yukari Shigeto, economista specializzata nelle cooperative agricole che, nel Sol levante, sono quelle che «tirano il gruppo»: «Ci ha impressionato positivamente soprattutto SolCo Bergamo. Stanno per pubblicare il report annuale sulla qualità dei servizi. Interessante: in Giappone, le organizzazioni non profit nei servizi sociali si trovano di fronte la concorrenza del profit. La professionalità del SolCo può essere un modello per noi».
Le differenze tra Roma e Tokyo restano, comunque, notevoli. Il Giappone non ha una legislazione ad hoc per le coop sociali ma usa un po? quella sul non profit e un po? quella sulle Limited companies (le nostre srl, ndr). Questo impedisce che il settore si sia potuto espandere così capillarmente come da noi.
Altro motivo di differenza è così riassunto dalla Shigeto: «Mi ha colpito lo spin off delle cooperative sociali e dei consorzi, assai diffuso da voi. In molti luoghi ci hanno illustrato che le coop sociali in Italia si dividono, creandone di nuove, all?interno di consorzi. È un fenomeno interessante: in Giappone, abbiamo coop che si sono ingrandite molto, trasformandosi in vere e proprie major. Ma il modello dello spin off mantiene piccole le cooperative, legandole a filo doppio con le comunità locali».
In Giappone accade il contrario: 10 anni fa c?erano circa 3mila cooperative agricole, oggi ne restano un migliaio. Chi resta diventa sempre più grande. Perché? «Qui s?incoraggia la fusione. La strategia è sfruttare le economie di scala e crediamo che con le fusioni si possa raggiungere l?obiettivo». Le coop agricole nipponiche danno lavoro a 300mila persone. Quelle sociali sono ancora troppo recenti per offrire cifre significative. «Ma qui c?è bisogno di cooperazione sociale: disoccupazione, handicap, esclusione sociale lo richiedono», afferma Kitajima.
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