Welfare

I detenuti lavorino tutti, guadagnando meno

Sul problema sovrappopolamento parla Donato Capece, segretario del sindacato della polizia penitenziaria. «Usiamo il braccialetto elettronico» E, per dare un’occupazione a tutti, propone una diaria forfettaria al posto della paga si

di Riccardo Bianchi

Nonostante ci sia ancora chi lo considera la causa di tutti i mali e chi il bene assoluto, l’indulto è ormai soltanto un lontano ricordo. Lo dimostrano i dati di questi giorni e, tra i tanti, preoccupano quelli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, apparsi sul Corriere della Sera, secondo cui su 55.250 carcerati, 20.175 sono stranieri. Una cifra in crescita, visto che sui 94mila ingressi del 2007, oltre 45.000 erano cittadini di un altro paese.

Il ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha detto di voler riformare il settore, per risolvere il problema. Le soluzioni? Alcune le sta portando avanti il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, e, come conferma il segretario nazionale, Donato Capece, il guardasigilli sembra apprezzarle.

Capece, come si risolve la questione?
Per quanto riguarda gli stranieri, noi proponiamo di aumentare gli accordi bilaterali con i paesi di provenienza. Spendiamo 250 euro al giorno per un detenuto. Se lo stato desse 100-150 euro quotidiani a questi stati potremmo mandarli nei loro carceri a scontare la pena. Così, quando usciranno, se vorranno continuare a delinquere non lo faranno in Italia.

Il Sappe ha più volte parlato anche del braccialetto elettronico…
Per i reati minori sarebbe ottimo. Potremmo dare i domiciliari a queste persone e controllarle a distanza, risparmiando molto. Oppure potrebbero lavorare, svolgere attività di utilità sociali.

Bè, una parte lavora già…
Sì, ma dovrebbero farlo tutti, è una tappa necessaria per il reinserimento. Ma non con la paga sindacale, con una diaria forfettaria.

Cioè?
I carcerati che lavorano, sia nel carcere che fuori, hanno uno stipendio che rispetta i contratti nazionali sindacali. Invece sarebbe meglio che fosse data loro una cifra diversa, minore. Che so, dai 650 agli 850 euro.

Non c’è il rischio che le società esterne preferiscano i detenuti rispetto ai lavoratori normali, i liberi, perché spendono meno?
Ora costano troppo allo Stato. Dobbiamo trovare una soluzione a questo problema.

Ma così se ne crea uno sociale, no?
Se non diamo loro un’occupazione, se non insegniamo un mestiere, usciranno e continueranno a delinquere. Inoltre così avrebbero i soldi da restituire.

Cioè?
Per legge dovrebbero dare una certa somma alla fine della loro detenzione, ma quando escono il giudice li riconosce nullatenenti e non pagano niente. Non va bene.

E se i soldi li mandassero fuori, magari alle famiglie?
Non è possibile, ogni carcerato ha un conto corrente congelato, da cui può prendere soltanto una piccola somma per le piccole spese settimanali. Se dentro ci fosse qualcosa, perché lui se l’è guadagnato quel qualcosa, e non perché glielo hanno spedito i familiari con mille sacrifici, potremmo trattenerne una parte.

Il sindacato dice che il ministro ha apprezzato le idee. Ma si sa altro? Vi ha chiesto un incontro?
No, ma noi speriamo che la riforma contenga queste misure. Teniamo conto che ogni anno lo stato paga 2 milioni di euro alla Telecom per l’affitto dei braccialetti, che sono stati usati solo in alcuni casi, come prove. Saranno 7-8 anni che questa storia va avanti. A questo punto, usiamoli!


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