Famiglia

la lunghissima marciadei diritti dei minori

Aborti, eugenetica, malattie, discriminazione: le associazioni denunciano

di Redazione

Nemmeno la nascita sfugge al controllo dello Stato: i diritti dei minori in Cina sono compromessi in origine. La pianificazione familiare obbligatoria o legge del figlio unico, voluta dallo stesso Mao Zedong e tuttora applicata, in 30 anni di vigenza ha evitato la nascita di 300 milioni di bambini. È dentro questa cornice, dell’essere o del non essere, che necessariamente bisogna leggere tutti gli altri diritti: la scuola, la salute, il rispetto della dignità e la lotta allo sfruttamento nel lavoro sono ancora, nonostante i discreti passi avanti di questo ultimo decennio, una frontiera da conquistare.

LA RUOTA DELLA FORTUNA
Negli anni 70 in Cina era normale avere anche più di cinque figli a coppia. Dopo la «Legge eugenetica e di protezione della salute» del 1979 il trend si è invertito: non più di un figlio nelle città, due in campagna. Con soddisfazione, la National population and family planning commission di Pechino afferma che nel 2010 la popolazione cinese non supererà il miliardo e 300 milioni.
Poco male se, secondo statistiche non ufficiali, un altro mezzo miliardo di persone non sono mai state registrate all’anagrafe. «In prevalenza bambine, che crescono come piccole invisibili», commenta Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty International Italia. Lo squilibrio maschi-femmine in alcune parti della Cina, soprattutto nelle province rurali, raggiunge il 30%. «La possibilità di un solo figlio fa pendere la preferenza dei genitori sui maschi», prosegue Pobbiati, «al punto che le autorità cinesi hanno vietato la determinazione del sesso durante i test prenatali, per evitare aborti selettivi». Aborti che, secondo Human Rights Watch, negli ultimi vent’anni hanno riguardato 40 milioni di feti femmine.
E l’aborto, in effetti, per gran parte delle donne cinesi non ha mai rappresentato una scelta: Amnesty ha raccolto denunce di medici inviati nelle campagne a effettuare «visite di promozione della salute» che si trasformavano in aborti e sterilizzazioni all’insaputa delle pazienti. Quasi leggende nere, se non fosse che le vittime hanno nomi e cognomi: «Mao Hengfeng è una donna che ha voluto tenere il suo secondo bambino», racconta Pobbiati sfogliando i dossier Amnesty. «Questo le ha fatto perdere il lavoro e trascorrere un periodo in un reparto di psichiatria. La terza volta che è rimasta incinta è stata costretta ad abortire e poco dopo arrestata». Carcere e tortura sono stati riservati anche all’avvocato attivista Chen Guangcheng, che aveva denunciato decine di aborti forzati: è detenuto con l’accusa di blocco del traffico. E se è vero che, in questi ultimi anni, la pressione sulle famiglie circa la scelta del figlio unico si è allentata, «chi cerca il secondo figlio», prosegue Pobbiati, «deve superare parecchi ostacoli: sanzioni economiche (una multa di 50mila yuan, circa 6.200 dollari ndr), l’esclusione dalla scuola e dall’assistenza sanitaria, il licenziamento dal lavoro per le madri».

REGISTRATI E INVISIBILI
Se per i bambini cinesi è già abbastanza difficile venire al mondo, sopravvivere non è uno scherzo, soprattutto in certe province. «La disparità tra maschi e femmine a volte è solo virtuale, dovuta alla mancata registrazione delle femmine. Ma nelle zone rurali, in cui rappresenta un problema reale, si è sviluppato, soprattutto negli anni passati, un intenso traffico di bambine e adolescenti», spiega Donata Lodi, di Unicef. «Si trattava di ragazzine provenienti dal Sud-Est asiatico e “importate” a scopo di matrimonio. Recentemente il governo cinese ha ammesso il fenomeno: questo per noi rappresenta già un buon segno, indica la volontà di contrastarlo».
L’altro capitolo che riguarda i minori in Cina è quello degli abbandoni: il China center for adoption ne stima 100mila l’anno, che vanno a incrementare una popolazione totale di 20 milioni e 600mila orfani, a cui si deve aggiungere il fenomeno più sommerso dei left-over children: circa 58 milioni di bambini lasciati nelle campagne dai genitori chiamati a lavorare nelle città. Infine i bambini di strada che «secondo una nostra stima sono almeno 150mila», prosegue la Lodi.

SCUOLA PER POCHI
Tutti questi bambini difficilmente hanno accesso alle strutture educative: anche se le statistiche ufficiali riferiscono che il 98% dei minori completa i 9 anni di scuola obbligatoria, la realtà è differente. «Per abbellire Pechino in vista delle Olimpiadi sono state chiuse decine di scuole non autorizzate per figli di operai migranti, che spesso non hanno altre possibilità di istruzione», dice padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, che ha appena pubblicato il bel libro Il rovescio delle medaglie (ed. Ancora). Cervellera spiega che nelle città della Cina convergono circa 100 milioni di lavoratori migranti. A loro non è permessa la residenza, pertanto i loro figli non sono ammessi alle scuole pubbliche né ai servizi di base.
Non va meglio alle minoranze etniche: «L’educazione ufficiale è fornita in cinese e la maggior parte dei gruppi etnici non lo parla», spiega Arianna Banfi di ActionAid International. «Inoltre i bambini non ottengono deroghe sulle tasse. Per le famiglie povere la scuola è gravosa da sostenere economicamente». Ogni anno 3-4mila tibetani cercano di fuggire dal Tibet attraverso il Nepal, verso l’India. «Almeno la metà di quanti compiono questo pericoloso viaggio attraverso le nevi perenni sono bambini», sottolinea Cervellera. «I loro genitori vogliono per loro una scuola che mantenga viva l’identità tibetana, che la Cina soffoca».

SALUTE A RISCHIO
Le maggiori cause di morte degli under 14 anni sono “incidenti”: annegamento, incidenti stradali e cadute raggiungono un 26,1% delle cause di morte dei bambini, il doppio degli Stati Uniti. «L’ambiente sta diventando pericoloso», prosegue la Banfi, «e i cosidetti left-over children non sanno badare a se stessi». E poi c’è l’Aids, che si è diffusa alcuni anni fa a causa della pratica della vendita del sangue e oggi conosce un ritorno attraverso droghe iniettabili e una maggiore promiscuità sessuale. «I bambini portatori e gli orfani dell’Aids subiscono uno stigma sociale fortissimo», dice il direttore generale di MSF Italia, Kostas Moschochoritis. «Inoltre, dal momento che il 70% del costo di qualsiasi malattia grava sul paziente, le spese per le cure sono inaccessibili per gli strati più poveri della popolazione».
L’altro fronte di malattia per i bambini, probabilmente legato all’inquinamento, è quello dei tumori, in particolare al cervello, che è anche la prima causa di morte tra tutte le patologie (il 10,7% delle malattie mortali è cancro). Al secondo posto viene la diarrea.
«I dati epidemiologici della Cina sono impressionanti: su 380 milioni di minorenni c’è un’incidenza di oltre 40mila nuovi casi di tumore ogni anno», commenta Paolo Morello, direttore generale dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze che, in collaborazione con la Regione Toscana e il governo cinese, sta costruendo a Pechino il più grande centro di oncoematologia del Paese. I lavori partiranno a ottobre e apriranno a una collaborazione scientifica tra Italia e Cina che durerà 10 anni. «In Cina un solo ciclo di terapie chemioterapiche costa 15mila euro», prosegue Morello. «Il centro consentirà la cura non solo farmacologica, ma anche con terapia cellulare, di 370 piccoli malati contemporaneamente, una capienza pari a quella di tutti i reparti oncologici pediatrici d’Europa: l’esperienza medica e l’avanzamento della ricerca, con una casistica così vasta, saranno enormi e consentiranno grandi passi avanti nella cura dei tumori infantili di tutto il mondo».


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