Cultura

Per fermare il boiaporte aperte al dialogo «Cancellare la pena capitale è una scelta politica, su cui le Olimpiadi non possono influire. Molto può fare, invece, un confronto costante con il governo» di Emanuela Citterio

Intervista a Sandro Calvani, direttore dell'Unicri

di Redazione

La Cina è il primo Paese boia al mondo. Nel 2007, secondo un recente rapporto dell’organizzazione Nessuno tocchi Caino, nella Repubblica popolare sono state eseguite circa 5mila condanne a morte. Iran e Arabia Saudita seguono, ma a distanza: 355 sentenze eseguite a Teheran, 166 a Riyadh. Dal 1° gennaio di quest’anno la Corte suprema di Pechino ha avocato a sé le sentenze capitali, che prima erano di competenza anche dei tribunali locali: il governo ha dichiarato che le condanne a morte sono diminuite. Che abbia influito o meno sulla scelta di Pechino, è certo che l’approvazione della moratoria sulla pena di morte da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 18 dicembre 2007, ha rappresentato una svolta culturale. Sandro Calvani è stato rappresentante dell’Onu per l’Asia ed è direttore dell’Unicri – United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute, che ha tra i suoi obiettivi la diffusione della cultura dei diritti umani: in questi mesi ha collaborato con la Cina sulla sicurezza durante i Giochi olimpici.
Vita: Ci si può aspettare un cambiamento positivo dopo le Olimpiadi?
Sandro Calvani: Non cambi miracolosi in tempi brevi. Credo che un’eventuale moratoria o almeno una riduzione della pena di morte ai soli casi di omicidio possano avvenire in Cina sulla base di un cambiamento del potere politico e dell’opinione pubblica nazionale, processi che sono iniziati entrambi prima delle Olimpiadi, ma che continueranno ben oltre. I Giochi olimpici facilitano lo scambio fra popoli, ma le decisioni di un Paese su un tema come quello della pena di morte derivano da un profondo cambiamento nel pensiero politico e sociale sul tema della pena e del reato. Questo cambiamento può essere promosso da un costante dialogo con la Cina, dialogo cui il movimento abolizionista a livello mondiale sta dando un contributo importante.
Vita: La Corte suprema ha a avocato a sé le sentenze capitali. Lo considera un passo in avanti?
Calvani: Certo. Secondo le dichiarazioni di un giudice cinese, la Corte Suprema avrebbe annullato il 15% delle condanne emesse dai tribunali di grado inferiore. Questo sembrerebbe un segnale positivo poiché comporta la revisione di ogni sentenza. Sarebbe importante conoscere i dati ufficiali sulle condanne emesse e sui relativi casi, e avere la possibilità di compararli con le statistiche degli anni precedenti: purtroppo la Cina è uno dei Paesi che non forniscono dati utili a un’analisi completa.
Vita: L’Unicri è stato in prima linea per la moratoria. Un impegno che continua? Anche con la Cina?
Calvani: L’Unicri sta sviluppando una campagna di informazione che ci auguriamo possa avere un impatto negli anni futuri. Speriamo che il lavoro che ha condotto alla risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu sulla moratoria non venga interrotto e che l’impegno della società civile, dei Paesi e delle organizzazioni internazionali sia costante. Secondo la risoluzione, i Paesi che prevedono la pena di morte dovrebbero fornire informazioni sulla sua applicazione e sul trattamento delle persone condannate al Segretario generale dell’Onu: questo consentirebbe di fare un’importante azione di monitoraggio.

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