Volontariato

motore di ricerca… di spie

In Cina gli utenti della rete sono controllati. Con la complicità dei giganti del web

di Redazione

La chiamano «la Grande Muraglia digitale» e separa il Web così come lo conosciamo da quello cinese. Messo in piedi da Pechino, questo potente meccanismo – a cui pare lavorino ben 30mila persone – filtra e scarta i siti reputati sconvenienti, rendendoli inaccessibili dai computer che si connettono dalla Cina. Sono banditi tutti i siti che riportano notizie considerate pericolose dal governo, contenuti scabrosi o semplici opinioni non in linea con le idee di Pechino.
Basterebbe questo per capire la situazione in cui versano gli oltre 253 milioni di cyberutenti cinesi. D’altra parte, che la libertà di espressione in Cina non goda di buona salute lo ripetono da anni le maggiori organizzazioni per i diritti umani. «Si è a conoscenza di una trentina di giornalisti incarcerati e di almeno 50 persone finite in prigione per aver postato le loro opinioni su Internet», si legge nel rapporto 2008 di Amnesty International. E lo conferma Reporters sans Frontières, che ha lanciato la campagna Pechino 2008 contro la censura in Cina. Ma anche Human Rights Watch (http://china.hrw.org/), il centro americano Pen (www.pen.org), la OpenNet Initiative (http://opennet.net), il Committee to protect journalists (www.cpj.org). Tutti schierati in favore di dissidenti e liberi cittadini, spesso colpevoli soltanto di aver sbagliato sito o postato qualche riga di troppo sul Web.
Alla censura cinese si sono dovuti piegare sinora tutti. Non solo i cittadini cinesi. Uno dopo l’altro anche i colossi di Internet hanno dovuto venire a patti con Pechino: Google, Microsoft, il servizio di telefonia digitale Skype, il sito di aste online eBay. Chi accettando filtri, chi atteggiamenti di favore, chi come Yahoo! – è stato il caso più eclatante – consegnando alle autorità informazioni utili per l’individuazione dei dissidenti. Wang Xiaoning, un ingegnere cinese, è stato arrestato e condannato a dieci anni di prigione nel settembre 2002 con l’accusa di «incitamento al sovvertimento dei poteri dello Stato» per aver pubblicato materiale controverso online. Uno scandalo a cui è seguita la denuncia della moglie nei confronti del motore di ricerca e un’innocua reprimenda da parte del Congresso americano.
Proprio in questi giorni, secondo il Cnnic – China internet network information center, la Cina ha superato gli Usa per numero di utenti in Internet, diventando il primo mercato al mondo per numero di connessioni, con una crescita negli ultimi due anni pari al 118%. Un boccone troppo ghiotto anche per l’ad di Yahoo!, di origine cinese, Jerry Yang e per i suoi concorrenti.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA