Cultura

lo sviluppo impazzitofunziona al contrario

saggi Piero Bevilacqua e le contraddizioni di un modello

di Redazione

Diventiamo sempre più merce di consumo, il lavoro si fa sempre più precario, la salute, il lavoro di cura, l’ambiente sono sempre più beni “superflui”. Da settimane invece il problema più urgente del nostro Paese sembra essere solo quello della sicurezza. In un quadro così, può essere utile leggere il libro dello storico Piero Bevilacqua, Miseria dello sviluppo. È un libro che si legge tutto d’un fiato e presi da una profonda inquietudine.
Un mondo fondato sul capitalismo avanzato produce solo macerie, perché una volta finite le risorse ambientali e umane, resta solo la fine dell’umanità e della Terra. Come cavie in una gabbia, non cerchiamo di fuggire dalla mancanza di libertà e di senso ma di chiudere ulteriormente quella piccola porticina che ci darebbe la salvezza se solo uscissimo un po’ fuori da noi stessi e dalle nostre insicurezze. Che non vengono solo dalla delinquenza degli immigrati clandestini o rom, ma dalla vera precarietà data da uno sviluppo ormai impazzito e senza freni morali. Un’analisi appassionata e, per fortuna, sul finire del libro, una diagnosi di speranza: ovviamente, se il malato collabora.
Prendiamo il caso Italia. Sono scomparsi i grandi partiti di massa, «sono cioè usciti di scena i grandi collettori di identità collettiva che avevano tenuto insieme e dato senso di cittadinanza a milioni di italiani» e hanno lasciato sul selciato solo gli egoismi competitivi e le rissosità di individui che hanno perso il senso delle relazioni e della solidarietà.
Le ultime pagine del libro sono piene di proposte concrete. Proposte che potrebbero attuarsi se solo gli Stati si impegnassero a mettere in pratica un nuovo modo di fare economia. Non più come un vettore impazzito verso il vuoto infinito ma «come un circolo che torna su se stesso, attività che si prende cura delle fonti stesse della ricchezza». È un modo nuovo, o forse antico, di pensare al lavoro di cura. Cura della nostra casa, con relativi bambini, mogli, mariti, nonni; cura della nostra aia, con gli amici, i vicini, gli ospiti e di conseguenza del nostro Pianeta. La cosiddetta età dello sviluppo, ci dice Bevilaqua, è finita e l’economia deve essere fondata sulla conoscenza dell’inscindibile unità e complessità del vivente.

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