Famiglia

Cittadinanza ai minori rom abbandonati: Sant’Egidio risponde a Maroni

"Pochissimi nella situazione descritta. Le famiglie hanno paura dei servizi sociali"

di Benedetta Verrini

L’idea di dare la cittadinanza italiana ai minori rom senza genitori? “Può essere letto come un segno d’interesse e di preoccupazione del ministro Maroni. Una cosa senz’altro positiva, anche se i bambini rom nati in Italia e abbandonati dai genitori sono numericamente davvero pochissimi”, commenta Paolo Ciani, responsabile dei servizi con i rom e i sinti della Comunità di Sant’Egidio.
Ciani, interpellato da Vita sulla proposta di cittadinanza lanciata ieri da Maroni (proposta che potrebbe ben presto prendere corpo sul tavolo del Consiglio dei Ministri), ricorda che la misura potrebbe riguardare in particolare i bambini nati in Italia da genitori della ex Jugoslavia che, “ora dissolta in tanti Stati, ha lasciato in un limbo giuridico tanti minori nati dopo la guerra e cresciuti all’estero, che ora si trovano a essere apolidi”.

Da tempo, peraltro, Sant’Egidio propone di riconoscere la cittadinanza a tutti i bambini nati o giunti piccolissimi in Italia e figli di cittadini stranieri, giungendo a un cambiamento di ottica dallo “jus sanguinis” allo “jus soli”.

 

Ma questo è tutto un altro orizzonte rispetto alle parole di Maroni, che ha parlato di minori che nei campi nomadi si trovano a vivere in condizioni inimmaginabili e a rischio di finire nel mercato del traffico d’organi. Possibile?

“Rispetto al traffico d’organi non abbiamo davvero mai avuto alcuna notizia”, dichiara Ciani. “Sulla situazione dei campi, confermo che in alcuni le condizioni di vita sono davvero estreme, ma questo è tanto più grave se pensiamo che si tratta di campi autorizzati. Le amministrazioni, con la scusa che si trattava di soluzioni temporanee o d’emergenza, hanno lasciato che almeno due generazioni di rom dell’ex Jugoslavia vivessero dentro a delle discariche. E’ chiaro che un bambino cresciuto in simili condizioni porterà su di sé delle conseguenze umane e sociali”.


Ma come leggere le parole del ministro circa l’ “abbandono” da parte dei genitori? E’ noto, infatti, che il sistema familiare rom è molto allargato ed è difficile stabilire, con criteri tradizionali, l’effettiva stabilità familiare di un bambino. “Nella mia esperienza posso dire che il rapporto delle famiglie rom con i Tribunali dei minori e i servizi sociali non funziona”, dice Ciani. “I rom ne hanno paura, temono che vogliano portar via loro i figli invece che intervenire per aiutarli. I servizi sociali, dal canto loro, sono sotto organico e faticano a seguire situazioni così complesse, faticose e culturalmente lontane dai nostri standard. Il risultato è che noi stessi a Roma abbiamo assistito ad azioni severissime nei confronti di famiglie deboli e a un grave, colpevole lassismo verso famiglie che potevano davvero creare problemi. Ho segnalato anche al Tribunale dei minori di Roma il fatto che c’è stata un’ondata di severità estrema verso i romeni, con i vigili urbani che strappavano i bambini dalle braccia delle madri che mendicavano o vendevano rose, mentre contemporaneamente le forze dell’ordine riaccompagnavano ai campi degli infraquattordicenni trovati a rubare nelle case. Questo, certamente, è un corto-circuito che crea gravi conseguenze e penalizza criminalizzando chi dovrebbe essere aiutato”.


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