Famiglia

Due redazioni al lavoroper Milano e per l’Expo

Informazione «Abitare» e «Vita» si mettono insieme in vista di Expo 2015

di Redazione

Che c’entrano il settimanale Vita e il mensile Abitare tra loro? Il magazine militante del sociale e dell’economia civile e la rivista patinata dell’arredamento, del design e delle costruzioni?
C’entrano eccome, è la convinzione dei direttori che lo scorso 10 luglio hanno riunito le due redazioni e alcuni prestigiosi collaboratori per ragionare su Milano e sull’Expo 2015. Per capire di più, per raccontare quanto succede e quanto succederà, per dare un vero servizio di informazione al pubblico, l’occhio sociale ha bisogno dell’expertise urbanistica, e quella urbanistica della lettura sociale.
Che ne sarà della grande Milano, da qui al 2015, e che metropli sarà una volta spente le luci dell’esposizione universale? Sono questi interrogativi ad aver spinto le due redazioni, quella di Vita e quella di Abitare, ad una convocazione comune, a tema un’agenda di lavoro da qui al 2015. Un fatto nuovo, anche per la durata dell’impegno, un modello di lavoro e di condivisione del know how che forse non ha precedenti. Una presenza che, proprio per la natura dei media, si fa subito pubblica: i due giornali si mettono al lavoro in maniera trasparente e, dal prossimo appuntamento, aperta ai cittadini che vorranno partecipare. Inaugurando così il primo spiraglio di spazio pubblico sull’Expo.

Che Milano sarà?
Pensare Milano era il titolo di un convegno, promosso da Vita nel maggio scorso, che già indicava una direzione di lavoro, prima tappa verso l’elaborazione dell’idea di un tavolo comune di lavoro. Poi un articolo del direttore di Abitare Stefano Boeri («Un patto per Milano») su La Stampa: «L’aggiudicazione dell’Expo 2015 è un punto di non ritorno, che apre un periodo nuovo nella vita di Milano». Infine, la convocazione del terzo settore fatta da Fondazione Cariplo, a tema l’Expo, e l’intervento di Riccardo Bonacina, direttore editoriale di Vita: «Milano è insieme molto di più e molto meno di come viene rappresentata nei media, soprattutto è qualcosa di radicalmente diverso. Milano è una città che manca di un suo racconto».
Pensare, condividere, raccontare, ecco le consapevolezze dei partecipanti all’incontro (rappresentanti delle due redazioni, ma anche dell’università, dell’architettura e del privato sociale), persuasi di non doversi limitare ad assistere al corso degli eventi. Da qui l’ipotesi di un’agenda di lavoro: quali forme di collaborazione vanno individuate per mettere a disposizione di tutti un contributo di pensiero e di informazione, indipendente e partecipativo, in vista di quell’appuntamento?
Un interrogativo che è, in realtà, l’ultimo di una serie. Ripercorrendo la quale emergono fin troppe questioni. Quale sia l’identità attuale della metropoli. Quali siano veramente le sfide e le opportunità in gioco con l’Expo (o grazie ad esso). Quali strategie siano già al lavoro (se, e fino a che punto, siano condivise). Insomma: su quali tavoli si stia pensando il futuro di questa città.

Le identità smarrite
Ha questo di caratteristico, la modernità avanzata: spazza via le identità, rendendo estranei i luoghi a chi li abita (cioè facendoli non più condivisi). E per orientarsi si è costretti a percorrere nuovamente i percorsi che quelle identità hanno prodotto. In questo precede, più che accompagnare, la globalizzazione. E Milano sembra davvero abbia smarrito la sua identità. Non più «città del fare», «della solidarietà», «dell’accoglienza». Non ancora uscita dal tunnel della «città da bere» e di una trasformazione necessaria (che ne potrebbe ridefinire le vocazioni), anche se molto impegnata a scavare nella propria memoria. Metropoli delle moltissime ma isolate eccellenze, capaci di elaborare progetti autenticamente innovativi, assai meno attente a creare connessioni e reti.

Trasparenza è condivisione
Reti che invece un evento come l’Expo 2015 merita e sollecita. Perché si configuri davvero come un’occasione di cultura e di progetto, e non d’affari per pochi. È il grande tema della trasparenza non solo d’indirizzo, ma gestionale. Senza voler minimizzare il primo aspetto (su cui occorre prestare molta attenzione e informare con serietà: fin qui non si può dire che la stampa si sia distinta), la condivisione del percorso con cui Milano si prepara all’Expo è basilare. Sia perché se realmente siamo ad una svolta, è bene che sia partecipata (anche sul piano dell’ascolto si “gioca” la credibilità di coloro che sono stati eletti per rappresentare la comunità). Sia perché infiniti possono essere i modi per progettare la metropoli che sarà, includendo o meno, ad esempio, le necessarie infrastrutture sociali. Perciò che si aprano luoghi pubblici di discussione, tavoli di analisi e proposta è interesse di tutti. È un modo perché istanze anche diverse entrino nel dibattito (e comincino a darsi voce e rappresentazione).
Ed è questo il primo compito che le due redazioni si sono assunte.

Nutrire il pianeta e la città
Vi è poi il merito. Ovvero il tema che sarà al centro dell’Expo. Non avrebbe senso se anche la città, qual è ora, non contribuisse alla sua elaborazione. E oggi Milano vuol dire kebab shop, pizza magari preparata dal cuoco egiziano, accanto al risotto con lo zafferano. Mescola cioè saperi diversi dell’alimentazione e del lavoro ad essa sotteso. Dunque: la tecnica e la cultura che qui come altrove “precipitano” in un modo di percepirsi e di essere che chiamiamo cultura, come parteciperanno all’Expo? Quale contributo daranno ai non scontati ma certo auspicati visitatori? L’autenticità di tale apporto determinerà la sua efficacia, la sua capacità di essere persuasivo. Va da sé. Ma occorre riflettere sui modi con cui dar forma a questo contributo.
Spazi pubblici che accompagnino verso la meta. Voci che si fanno sentire e producono istanze e contribuiscono all’elaborazione di strategie. Per esempio proponendo – in alternativa a una visione centripeta – un’idea (e una pratica) decentrata dell’Expo. Che potrebbe svolgersi coinvolgendo la metropoli e i suoi territori, scoprendo e valorizzando il mondo che già abita Milano. Anche questo è un modo per immaginare il futuro: mettersi alla prova, sperimentare nuovi flussi, senza preconcetti ma pronti a cogliere le nuove direzioni.
L’appuntamento di lavoro per le redazioni unite è ora per settembre. In uno spazio aperto al pubblico, le due redazioni si ritroveranno per continuare il discorso.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA