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Arrestate il presidente

Dieci i capi di accusa per le violenze in Darfur

di Emanuela Citterio

Il procuratore capo del Tribunale penale internazionale dell’Aja, Luis Moreno-Ocampo, ha chiesto alla corte di spiccare un mandato d’arresto contro il presidente del Sudan Omar al-Bashir per il suo ruolo nel genocidio in atto nel Darfur. Ocampo ha allegato alla richiesta nuovi elementi di prova sui crimini di guerra commessi da Bashir nel Darfur.

Sono 10 i capi di accusa contestati per il conflitto in corso dal febbraio 2003 nella regione del Darfur: tre capi di accusa per genocidio, cinque per crimini contro l’umanità e due per crimini di guerra. Per quanto riguarda i crimini di genocidio, Bashir è accusato di aver ideato e attuato un piano per l’eliminazione della maggior parte dei componenti dei gruppi etnici dei Fur, Masalit e Zaghawa. I cinque capi di accusa per crimini contro l’umanità riguardano omicidio, sterminio, deportazione, tortura e stupro. Infine, il presidente Bashir è accusato di crimini di guerra per gli attacchi lanciati contro i civili e la devastazione portata a città e villaggi.
Bashir è il primo capo di Stato in carica ad essere incriminato dalla Corte dell’Aia.?Secondo le accuse del tribunale avrebbe inoltre «ostacolato l’assistenza internazionale» diretta al Darfur. Moreno-Ocampo ha reso noto di aver raccolto prove secondo cui al-Bashir ha «mobilitato l’intero apparato dello stato per soggiogare i 2,450 milioni di profughi costretti nei campi in condizioni di vita calcolate apposta per portarli alla distruzione fisica».
Il governo sudanese ha respinto la richiesta d’arresto del presidente al-Bashir e ha minacciato ulteriori reazioni se la questione dovesse finire sul tavolo delle Nazioni Unite. «Ci opponiamo al CPI e respingiamo ogni tipo di decisione proveniente dalla Corte Penale Internazionale», ha dichiarato all’Afp Kamal Obeid, portavoce del governo.

La posizione dell’Onu
Prima che il mandato d’arresto fosse richiesto, oggi alle 13 ora italiana, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si era detto «molto preoccupato» dall’eventualità che il presidente sudanese Omar al Bashir venisse incriminato dalla Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi), sottolineando però che «nessuno può sfuggire alla giustizia». «Ci saranno ripercussioni negative molto serie per la missione di pace, compreso il processo politico» ha detto Ban in un’intervista rilasciata a Le Figaro, «sono molto preoccupato, ma nessuno può sfuggire alla giustizia. La giustizia e la pace devono andare di pari passo. Il processo politico non può essere duraturo senza il rispetto della legge». In un comunicato diffuso oggi dall’Onu, Ban ha riferito di aver avuto sabato un colloquio telefonico con Bashir, in cui ha sottolineato l’indipendenza della Cpi e ha negato di avere alcuna influenza sul Procuratore generale dell’Aia. Nella stessa nota, Ban ha fatto sapere di aver espresso preoccupazione al Presidente sudanese per l’entità e la brutalità dell’attacco lanciato lo scorso 8 luglio contro una pattuglia dei peacekeeper della missione congiunta Onu-Unione africana (Ua) in Darfur, costato la vita a sette soldati, e di aver chiesto a Bashir «di indagare sulle circostanze dell’attacco».

Cosa dice l’Unione europea
Riecheggiando le parole del Segretario generale Onu Ban Ki-moon il portavoce del commissario Ue allo Sviluppo e all’Aiuto umanitario Louis Michel, John Clancy, ha affermato, oggi a Bruxelles, che «pace e giustizia sono ugualmente importanti per il Sudan e per la regione, e devono andare di pari passo». Il portavoce Ue ha anche sottolineato «il ruolo fondamentale» che svolge la Corte penale internazionale dell’Aia, e la sua «importanza strategica». La settimana scorsa il governo sudanese si era portato avanti dichiarando di non riconoscere l’autorità della Corte dell’Aja.

La lega araba
La Lega Araba ha accordato la convocazione di un meeting straordinario «per discutere della situazione tra il Sudan e la Corte Penale Internazionale». A renderlo noto all’Afp è un ufficiale dell’organismo inter-governativo.??Il vertice d’urgenza si terrà mercoledì al Cairo.

Il conflitto in Darfur
Nella regione del Darfur (ovest Sudan) è in corso dal febbraio 2003 una guerra civile che ha causato finora oltre 300.000 morti e ha costretto più di 2,5 milioni di persone ad abbandonare i loro villaggi, distrutti dalle milizie arabe dei janjaweed. L’indagine resa pubblica oggi dal Tribunale penale internazionale dell’Aja ha appurato che la campagna di violenze dei janjaweed è stata orchestrata ai più alti livelli di governo.


La forza Onu nella regione
Sono circa 9.000 i peacekeeper presenti oggi in Darfur, dei 26.000 autorizzati dall’Onu. Al quotidiano francese Ban afferma di voler arrivare al dispiegamento dell’80% della forza “entro la fine dell’anno”. Sono in molti al Palazzo di Vetro a temere che l’iniziativa di Moreno-Ocampo metta a rischio la già fragile missione di pace. Un portavoce della missione, contattato dall’Associated Press via e-mail, ha ammesso di aver limitato «un ristretto numero di operazioni che comportano rischi per il personale civile, ma non quelle militari». «Tutte le operazione essenziali di peacekeeping continuano ad essere portate avanti dai militari», ha detto Shereen Zorba.


La cooperazione e gli aiuti al Darfur dell’Ue
Il portavoce del commissario Ue allo Sviluppo e all’Aiuto umanitario dell’Ue ha ricordato che la Commissione europea (che ha un ufficio nella capitale sudanese Khartoum) nel periodo 2005-2007 ha stanziato 428 milioni di euro per la cooperazione e lo sviluppo nell’intero Sudan (Darfur compreso), focalizzando lo sforzo finanziario nei settori della sufficienza alimentare, istruzione, ‘governance’ e ricostruzione delle istituzioni (‘institution building’). Questa cifra non include l’aiuto umanitario, pari a 365 milioni di euro dal 2003 al 2007, di cui 184 milioni solo per il Darfur (per lo più attraverso il finanziamento delle Ong che operano sul terreno). Altri 127 milioni di euro aggiuntivi sono stati stanziati successivamente, sempre per gli aiuti umanitari, di cui 89 per il solo Darfur e 38 per il resto del Sudan. Dal 2004, inoltre, la Commissione ha stanziato 305,6 milioni di euro per sostenere l’Amis, a missione militare di pace dell’Unione africana nella regione in preda alla guerra civile. La Commissione è impegnata, infine, a sostenere gli sforzi degli inviati speciali dell’Unione africana e delle Nazioni Unite, con il compito di far avanzare i negoziati di pace fra le parti in conflitto.


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