Formazione

Eutanasia sì o no?

Opinioni a confronto sulla decisione di interrompere l'alimentazione alla ragazza in coma

di Redazione

Rassegna stampa a cura della redazione di Vita

Sintesi di Franco Bomprezzi

Come hanno reagito i quotidiani italiani alla notizia della sentenza sul caso di Eluana Englaro? In modo adeguato e complessivamente assai articolato, riuscendo a rendere conto delle diverse posizioni etiche, culturali e politiche, ma anche raccontando dettagli di sicuro interesse generale.

Partiamo dal Corriere della Sera che, come molte altre testate, ospita una voce pro (Umberto Veronesi, con un intevento di suo pugno) e una voce contro (monsignor Fisichella, pezzo a firma di m.antonietta calabrò) la sentenza. Veronesi sotto il titolo “ha vinto la libertà di decidere sull’esistenza”: «è una sentenza storica più per la motivazione che per il contenuto: vince l’autodeterminazione della persona, espressa nel pieno della consapevolezza…vince il principio della libertà di decidere della propria vita…vince il principio del Testamento Biologico (in maiuscolo). In Italia non c’è una legge sul TB, ma se ne può fare a meno. Esiste la possibilità di compilare una semplice dichiarazione. Se Beppe (il padre di Eliana) avesse avuto questo documento tutto sarebbe stato più semplice. Per questo il mio appello è che le persone, anche i più giovani, facciano il loro TB, esprimendo la volontà di accettare o non accettare la vita artificiale e ogni forma di trattamento».

Fisichella sotto il titolo “Il coma è una forma di vita, nessuno può interromperla”: «esprimo profondo stupore e tristezza, come è possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, ma anche al legislatore, in quanto risulta che in Italia non ci sia una legislazione in proposito e soprattutto ai medici che hanno la competenza specifica sul caso». Appellarsi alla presunta volontà della ragazza «è un argomento strumentale, perché nessuno può presentare testimonianze in proposito, e in ogni caso, qualora ciò fosse stato detto , questo non giustifica la decisione di togliere il nutrimento: tante volte in un momento di crisi ci si lascia andare a frasi di sconforto».

Paolo Foschini offre anche un resoconto dalla clinica di Lecco gestita da suore che ospita Eluana: «Ieri mattina Eluana ha aperto gli occhi. Succede ogni mattina, da molti anni. Fa effetto sentire che, nel suo caso, questo non possa essere chiamato svegliarsi. Poi una suora le ha lavato il viso, inumidito le labbra, spazzolato i capelli: come ogni mattina da molti anni. Anche se, stando al quadro clinico, lei naturalmente non lo sa. Come non sa, che ora, dopo la sentenza della corte d’appello milanese, può morire». Il pezzo poi propone una breve cronistoria del caso. L’incidente del 18 gennaio 1992, l’invariabilità del quadro clinico da allora al 2007, le testimonianze di chi la conosceva da vicino. Come Francesca Dall’Osso che dice. «Eluana non avrebbe mai voluto sopravvivere così». Forse, come commenta Paolo Foschini, “non esistono 18enni che pensano il contrario”.
Tornando alla casa di cura Beato Angelico Talamoni, istituto delle suore misericordine di san gerardo, che da 16 anni ospita Eluana, si tratta di un struttura convenzionata, la cui filosofia è condensata nel motto evangelico, “tutto quello che fate al più piccolo dei miei fratelli ritenetelo fatto a me”. Ieri gli infermieri che uscivano a fine turno sottolineavano che: «le suore si sono affezionate a eluana e non accetteranno mai di interrompere ciò che da 16 anni fanno per lei».

A Eluana, in prima con fotonotizia, la Repubblica dedica molto spazio. Marco Politi intervista mons. Fisichella: “Niente giri di parole, questa è eutanasia il Parlamento discuta di testamento biologico”: «Sento tristezza e sconcerto. Tristezza perché si toglie ad una ragazza la possibilità di vivere, sconcerto perché questa sentenza si sostituisce al legislatore e ai medici. Si è creato un prevedente per obbligare il legislatore a intervenire. Si creano le premesse per l’eutanasia. Non nascondiamoci, in realtà questa è eutanasia»; «Stiamo andando verso una concezione utilitaristica della vita: se non serve, non è degna di vivere. Di fronte a questa visione il nostro rifiuto è netto».
Piero Colaprico, a pagina 3, intervista Beppino Englaro: “Inchiodata a quel letto per 16 anni ora mia figlia finalmente sarà libera”. «Perdere una figlia è tragico, ma purtroppo succede. E questo è umano. Ma vedere la violenza terapeutica, una figlia invasa da mani altrui, costretta a stare in un letto quando ogni cura inutile, quando sta immersa in una non morte, in una non vita, e lei non l’avrebbe mai voluto, ecco, era ed è inumano»; «Per la prima volta dopo tanti ricorsi e appelli, ho incontrato dei giudici che non hanno evitato il problema, e invece, hanno ragionato “con” Eluana e poi hanno deciso. Non “pro” Eluana, non “contro”, ma insieme con lei».
Sempre a pagina 3, Caterina Pasolini fa il punto dei pareri, riferendo della divisione fra laici e cattolici all’interno di maggioranza e opposizione. Riporta fra gli altri il parere di Mina Welby («Giustizia è fatta, ora ci vuole una legge sul testamento biologico») e di Ignazio Marino («Questa è una sentenza rigorosa che pone fine ad un vero e proprio calvario, ma testimonia la carenza di una legislazione che regoli la materia nel nostro paese»)

Il commento è affidato ad Adriano Sofri, “I padroni della vita”: «una medicina piegata a un assolutismo dell’autorità statale e della morale dogmatica e delle procedure di routine ha finto una vita e ha negato la morte che era sua a una giovane donna, emulando, contro il fine cui medicina e amore per il prossimo devono ispirarsi, la ferocia patriarcale»; «Ancora una volta, attraverso una famiglia, la legge dell’amore si è misurata con quella dello Stato, e di una religione che non dovrebbe essere di Stato, e la legge dell’amore ha tenacemente atteso, fino all’abnegazione». conclude: «ora che la vita dei vecchi non vuole più finire, e i corpi benestanti vogliono assicurarsi corpi di scorta, la politica non può più voltarsi dall’altra parte. Ma continua a farlo. A riconvocare certezze di preti, obiezioni d’incoscienza di medici, intime discrezioni di magistrati, unguenti di stregoni».


Anche su Il Giornale schema favorevole-contrario. Favorevole Giordano Bruno Guerri: «Giusto, la sua non era più vita. Ci voleva qualcuno che la amasse al punto da liberarla, e questo è suo padre». Contrario Stefano Lorenzetto: «Condannata da giudici che si credono dei. Io credo che anche gli atei dovrebbero cominciare ad avere paura di un Paese dove il potere che un tempo di attribuiva a Dio da ieri è nelle mani dei giudici».

Su il Sole 24 ore interviene Luigi Manconi con un articolo dal titolo «Basta supplenze, ora scelga il Parlamento». In sostanza si richiama a un’altra sentenza, quella della Corte di Cassazione del 16 ottobre scorso, che permetteva l’interruzione dell’alimentazione a una persona in stato vegetativo a due condizioni: che tale condizione vegetativa sia dichiarata ed accertata come «irreversibile» e che sia «univocamente accertato» che il paziente in vita avesse dato disposizioni circa l’interruzione di ogni terapia se fosse finito in stato vegetativo. Eluana – dice Manconi – aveva più volte detto che non voleva finire «attaccata a una macchina» e come lei ce ne saranno altri, quindi è urgente, conclude Manconi, che il Parlamento legiferi sul testamento biologico.

Avvenire dedica ampio spazio alla vicenda, in prima pagina si parla innanzitutto di «decisione a sorpresa» e si sottolinea invece che Eluana è viva “da sola”, cioè non dipende da nessuna macchina. Si cita inoltre il precedente di Terry Schiavo, lasciata morire allo stesso modo, e si pubblica anche integralmente il passaggio in cui i giudici dispongono le modalità con cui interrompere l’alimentazione a Eluana. Tali modalità includono la somministrazione di «presidi atti a prevenire o eliminare reazioni neuromuscolari» come sedativi e antiepilettici, ma perfino suggerimenti di pratiche quali la «cura dell’igiene e del corpo e dell’abbigliamento durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l’assistenza almeno dei suoi più stretti familiari». In apertura di pag. 2 , mons. Fisichella si dice sicuro che la decisione possa essere impugnata presso una Corte superiore in quanto «caso di eutanasia». E nel pezzo si intravede la preoccupazione che un precedente del genere possa di fatto aprire la strada ne nostro Paese alla legalizzazione proprio dell’eutanasia. In taglio basso, intervista di Avvenire al geriatra Giovanni Guzzetti che sottolinea il fatto che è impossibile stabilire con certezza quale sia il grado di reale coscienza delle persone in stato vegetativo.


Eluana Englaro sorridente è la foto-copertina del Manifesto che titola: “Il dono di Eluana”. Nel richiamo in prima si legge la sintesi della sua storia e la posizione del Vaticano: «È eutanasia». Nel servizio a pagina 7 firmato da Mariangela Maturi si ricorda che «La clinica in cui Eluana è ricoverata a Lecco, è gestita dalle suore Misericordine di San Giuseppe, che ieri hanno diffuso ai dipendenti della clinica il divieto di parlare della questione; pare però che considerato «l’affetto che le suore provano per la ragazza, non acconsentiranno mai alla sospensione del trattamento. In ogni caso il padre di Eluana ha già messo in conto il dover provvedere al trasferimento della figlia. Non ha paura, e le polemiche non lo interessano, perché dice che finalmente «ha prevalso la volontà di Eluana». L’articolo si chiude con una considerazione sulla sentenza: «Un vero passa in avanti, forse anche per chi si ostina ad anteporre «il mistero della vita» al rispetto per gli altri esseri umani». Viene intervistato, da Luca Fazio, Ignazio Marino, medico e capogruppo del Pd in Commissione sanità al Senato che riporta il problema della mancanza di una legge «che dia la possibilità ai cittadini di poter indicare le terapie alle quali esere sottoposti». Inoltre Marino ricorda anche «ciò che dice nero su bianco il catechismo della chiesa cattolica». E cioè: «“L’interruzione di procedure mediche dolorose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati ottenuti può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza o la capacità o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”. Sa chi le ha scritte? Il cardinale Joseph Ratzinger, quando Giovanni Paolo II era papa», chiude Marino.


E inoltre sui giornali di oggi:
la Repubblica – P. 19: “Verona, rifiuta una sigaretta e gli danno fuoco”. Il ragazzo, 16enne, non fuma del resto. Ma ovviamente non significa: i 4 (tutti italiani) reagiscono incendiandogli la maglietta. Ma oggi si scopre che la notizia è una bufala. Il ragazzo ustionato c’è davvero, ma la storia dell’aggressione da parte dei giovani punk è stata inventata dal gruppo per giustificare la stupidaggine combinata: ovvero un banale gioco con i fiammiferi, finito malissimo.

Corriere della Sera – focus (pagg. 12/13) di Mucchetti sui padroni della nuova finanza (fondi di private equity, hedge funds, fondi sovrani dei paesi petroliferi e banche asiatiche). La mappa del potere economico mondiale disegnata da Mucchetti prende spunto dal rapporto del McKinsey Global Institute che disegna la geopolitica dei prossimi 5 anni.

il manifesto – peg 3 lo stop al tour dei Congotronics per problemi burocratici. Nell’articolo di Marco Boccitto “Buonanotte ai suonatori” si dice che “La paranoia anti-immigrati della fortezza Europa fa vittime illustri. Il caso esemplare del tour dei Congotronics”. E si racconta la storia di passaporti rifatti, di visti e controlli alle ambasciate. “Dopo innumerevoli pressioni il ministero degli affari esteri congolese elargisce dei passaporti diplomatici. Ma il beau geste non basta per intenerire le autorità consolari di Francia e Svezia – i primi due paesi dell’area Schengen interessati al tour – che non concedono il visto nei tempi previsti. Stessa storia per il Regno Unito che non avendo un’ambasciata in Congo rende necessaria una gita a Nairobi, in Kenya” e via con altri problemi come i dati biomedici o la richiesta belga di un documento di esistenza in vita del comune di residenza che in un paese disastrato come il Congo è praticamente impossibile. Così «L’organizzazione belga cui fanno capo le tournée (che deve sostenere i costi dei giorni in cui i musicisti non lavorano) congotroniche è praticamente finita sul lastrico».


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