La lunga estate dei genitori comincia da una segreteria telefonica. Quella del pediatra che, partito per le vacanze, “gira” tutti i pazienti su uno o più colleghi rimasti in servizio.
Un naturale avvicendamento che nelle grandi città può diventare un incubo. È successo l’anno scorso a Milano, una città con 130 pediatri di famiglia e oltre 120mila bambini under 14 da assistere. È bastato che la concentrazione di ferie si sommasse alla riduzione fisiologica degli organici negli ospedali ed è stato il caos: accettazioni chiuse nei Pronto soccorso, famiglie in seria difficoltà, polemiche sui giornali.
«Una situazione, che non deve ripetersi», commenta Pasquale Di Pietro, presidente della Sip – Società italiana di pediatria. «Io mi auguro che una buona educazione sanitaria, da parte dei pediatri di famiglia, possa aiutare a limitare il fenomeno. Mi risulta però che molti Comuni e Regioni abbiano preso dei provvedimenti per rafforzare l’attività sanitaria in questo settore».
7 milioni di bambini
Gli sforzi ci sono, ma la verità è che «l’assistenza 24 ore su 24 in pediatria non può essere garantita», dice Giuseppe Mele, il presidente della Fimp, il sindacato nazionale dei pediatri. «Siamo 7.500 contro un bacino di oltre 7 milioni di bambini. È impossibile assicurare una presenza continua, giorno e notte, ma ci sono molte strade per migliorare la situazione». In molte città d’Italia i pediatri si sono associati – a volte virtualmente, a volte condividendo gli stessi ambulatori – per garantire una risposta quotidiana, su più fasce orarie, agli assistiti. Ma quando la puntura d’insetto, la febbre, l’attacco di gastroenterite arriva fuori dagli orari prestabiliti, o nel weekend, per le famiglie è il panico. Dei circa 50 milioni di accessi annuali ai Pronto soccorso, il 10-15% riguarda pazienti in età pediatrica. Si tratta, per lo più, di codici bianchi o verdi, cioè non particolarmente gravi e certamente risolvibili con una telefonata o una visita ambulatoriale, se solo fosse stata possibile. Di qui nasce il problema dell’abuso, da parte dei genitori, del Pronto soccorso. Una scelta che molti non farebbero se solo sapessero che nella maggior parte degli ospedali non c’è un pronto soccorso pediatrico e spesso è difficile trovare una guardia medica di questo tipo, specie nei fine settimana.
Non solo codici bianchi
«Sì, è vero, i Pronto soccorso pediatrici sono pochissimi e altrettanto pochi i letti dedicati alle cure semintensive pediatriche», conferma Di Pietro, che è medico al Gaslini di Genova. «La situazione è grave specie nel Sud. Bisogna occuparci sicuramente dei codici bianchi, ma le patologie critiche esistono anche in pediatria. Da anni sono trascurati gli investimenti negli ospedali pediatrici, né si avviano processi di razionalizzazione da parte delle istituzioni».A Milano, dove la copertura d’emergenza è buona, si è aumentato il numero dei pediatri (di tre unità) e il numero degli assistiti per ciascun medico (con un bonus di 15 euro in più per paziente). Nelle località turistiche si organizzano guardie mediche pediatriche, a orari prestabiliti e gratuite. Altrove si sceglie di “dirottare” i codici bianchi dagli ospedali ad ambulatori di continuità nell’assistenza pediatrica aperti il sabato e festivi (a Firenze succede ad esempio al Meyer, dove un accordo tra ospedale, Asl e medici di famiglia ha consentito l’apertura di un ambulatorio di questo tipo, che garantisce un servizio esterno rispetto all’ospedale, con medici che non sono dipendenti della struttura, ma pediatri di famiglia).
E qui si arriva a un’altra questione: dagli ospedali c’è una fuga costante per andare sul territorio. «È un problema politico», commenta Mele. «C’è più indipendenza, il lavoro autonomo è più appagante». E di sicuro più gratificante anche dal punto di vista economico, sebbene «si debba spendere per la dotazione strumentale dell’ambulatorio», sottolinea il presidente Fimp.
«Le prospettive future però saranno sempre peggiori», ribatte Di Pietro, «perché il numero dei posti nelle scuole di specializzazione in pediatria non è sufficiente a coprire nel futuro il turnover dei pediatri che raggiungeranno l’età pensionabile. Inoltre, già da adesso l’ospedale pediatrico diventa sempre più carente per quanto riguarda gli organici perché molti colleghi professionalmente competenti per le cure secondarie, per varie ragioni preferiscono con l’età lavorare sul territorio».
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