Non profit
Fondi immobiliari eticiper dire addioalla casa popolare
La Fondazione Cariplo ha fatto da apripista
di Redazione
Metti l’etica nel mattone e il diavolo “subprime” non fa più paura. Dopo l’esperienza pilota di Cariplo, che con Fondazione Housing sociale ha fatto da apripista nel settore lanciando il fondo Abitare sociale 1, ora anche mercato e Stato si mettono in coda. L’aveva annunciato Prodi, oggi se ne fa carico anche Berlusconi, almeno così recita il Dpef, ispirandosi ancora una volta al progetto innovativo di Cariplo. Fin qui le mosse delle istituzioni per far fronte al crescente disagio abitativo, superando la logica della casa popolare (mancano le risorse) e nell’ottica di far crescere la quota di housing sociale in Italia, agli ultimi posti in Europa, coinvolgendo cooperative, privati e fondazioni.
Della partita “etica”, infatti, ci sono anche gli operatori tradizionali del mattone, 186 fondi immobiliari nella Penisola che gestiscono stabili e palazzi per un patrimonio netto del valore di 26 miliardi di euro.
Anche qui se ne è fatto un gran parlare. Affitti calmierati, case per giovani coppie che possono diventare anche garanzia di rendimenti per gli investitori istituzionali. Che ora incominciano a tirare fuori i contanti dal portafoglio per investire nel sociale. Lasciando da parte la speculazione a doppia cifra di profitto, per far posto a guadagni più contenuti ma meno rischiosi. Le Siiq (società di investimento immobiliare quotate) sembravano essere il veicolo d’eccellenza per l’housing sociale. Rimaste al palo, o almeno non ancora decollate, in questi mesi gli operatori preferiscono ragionare con i “vecchi” attrezzi del mestiere, fondi immobiliari chiusi e aperti quotati. Pirelli Re, società leader del mercato immobiliare italiano, ha realizzato uno studio di fattibilità sull’housing sociale, mentre Ancab-Legacoop ha in cantiere un fondo per la realizzazione di 30mila case “low cost” in dieci anni e l’associazione di categoria, Assoimmobiliare, chiede un piano a lungo termine sull’alloggio sostenibile. E questa sembra essere la rotta del governo che apre le porte della casa sociale ai privati grazie a forme di finanziamento rotative come i fondi immobiliari etici.
Sulla stessa scia, alcune fondazione piemontesi (Crt, Asti e Alessandria) insieme al gruppo Norman hanno messo a punto un fondo etico rivolto allo sviluppo del territorio, puntando su case di riposo, strutture universitarie, asili. Già in pista, quotato dal 2004, c’è InvestiEtico, nato da una joint venture di Aedes e Bpm Real Estate, il cui valore complessivo, al 31 dicembre 2007, è di 185 milioni di euro, 9 immobili in portafoglio (residenze sanitarie, terziario, tra Milano e provincia di Torino), dedicato ad attività ad alto profilo sociale, vigilate dal comitato etico composto da professionisti del settore, come Guido Artom, e rappresentanti del sociale – il presidente della Casa della Carità, don Virgilio Colmegna, don Giovanni Mazzali, economo dei Salesiani, Giuseppe Laras, rabbino capo della comunità di Milano – e del terzo settore, come il direttore del master non profit della Bocconi, Giorgio Fiorentini.
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