Non profit

addio g8, è l’oradei tavoli mobili

Cina, Africa e Lega Araba più influenti di Bush e soci

di Redazione

C’è una cosa semplice che si dovrebbe fare subito: il divieto di emettere titoli futures sui beni alimentari. Questo diventerebbe un calmiere immediato per i mercati, e di conseguenza “calmerebbe” la crisi dei prezzi che sta affamando i Paesi più poveri, quelli costretti a importare il riso o il grano. Basterebbe volerlo fare. Ma il G8, verosimilmente, non lo farà.
È sempre più evidente che il G8 non è più il tavolo principale dove si fanno i giochi, come in passato. Ci sono molte questioni importanti che non transitano più dai meeting degli otto Paesi industrializzati. E l’impressione è che non transitino in nessun posto. Per ora.
Pensiamo alla Cina. È un Paese “aggressivo” in termini di politiche finanziarie e commerciali, e apparentemente si sottrae a qualunque tipo di regolamentazione. Ma forse non è più così: credo che stia iniziando una nuova attenzione da parte di Pechino, un maggiore consapevolezza del fatto che a un maggior peso internazionale deve corrispondere il sottostare a un sistema di regole. Pensiamo al ruolo della Cina nella questione delle due Coree, nel far capitolare cioè la Corea del Nord dalla sua posizione arroccata sul nucleare. Senza un impegno attivo da parte di Pechino, Pyongyang non avrebbe ceduto. E tutto sommato non è che la Cina ne abbia ricavato vantaggi: ha dimostrato però la volontà di concorrere alla costruzione della stabilità internazionale.
Il governo cinese ha accettato di recente di partecipare a un tavolo di consultazione in sede Ocse sul sustainable lending, il prestito sostenibile ai Paesi poveri. Non per nulla i donatori ora parlano di prestito «sostenibile» invece di «responsabile». È stato un suggerimento di Pechino: «Se oggi chiamiamo responsible il sistema di regole su prestiti e debito estero che stiamo immaginando, vuol dire che prima era irresponsabile. Questo non lo possiamo accettare. Altra cosa invece è impegnarci perché il meccanismo sia più sostenibile per i Paesi debitori». Resta il fatto che per la prima volta la Cina si è seduta a un tavolo per concordare politiche comuni.
Vorrei elencare qualche altro fatto solo in apparenza collaterale. L’annuncio della risoluzione della crisi tra Ecuador e Colombia è avvenuto durante la riunione del Tavolo dei Paesi sudamericani. Né le Nazioni Unite né nessun Paese del G8 è intervenuto. La crisi della Guinea Conakry degli ultimi due anni, e adesso dello Zimbabwe di Mugabe, ha visto in primo piano i tentativi di mediazione dell’Unione Africana. La Lega Araba ha assunto un ruolo più rilevante nella gestione di alcune crisi, dal Libano alla Somalia. E l’Egitto, all’interno della Lega, si è fatto promotore e garante del dialogo fra Hamas e Israele.
Ci sono soggetti nuovi. Qualche anno fa vedevamo il G8 come un luogo geometrico quasi alternativo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ora la geometria è variabile. Gli equilibri sono in via di ridefinizione. Oggi è difficile individuare un luogo dove si prendono davvero le decisioni, o quanto meno dove si “formano”. Mentre prima i Paesi ricchi attraverso il G8 iniziavano processi decisionali che poi continuavano in altre sedi, come Banca mondiale e Fondo monetario internazionale e le stesse Nazioni Unite, questo meccanismo ora è più rarefatto. Il ruolo del G8 è andato riducendosi, ma a questa riduzione non corrisponde un altro ambito più o meno regolare dove si possono sviluppare ragionamenti e decisioni. Ci sono dinamiche nuove, non esiste un quadro ben definito. Forse non ci sarà mai più. Forse stiamo entrando in una condizione permanente di mobilità.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.