Welfare

missione: dialogoobiettivo: prevenzionemetodo: personale

tossicodipendenze Il programma del nuovo capo del Dnpa

di Redazione

Classe 1954, veronese, quattro figli, laureato in Medicina e chirurgia con specializzazione in medicina interna, un personal site (www.giovanniserpelloni.it: «Non credo che quello che è scritto in queste pagine possa essere d’insegnamento a qualcuno. Ma forse mi aiuterà a trovare facilmente lavoro quando verrò licenziato per non aver saputo tenere a freno la lingua»), Giovanni Serpelloni un nuovo lavoro l’ha già trovato.
Dal prossimo primo luglio sarà operativamente il nuovo zar antidroga italiano. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi ha messo infatti nelle mani dell’ormai ex direttore del Dipartimento delle dipendenze dell’azienda Ulss 20 di Verona il timone del neorinato Dipartimento nazionale politiche antidroga (che comunque tecnicamente risorge come struttura di missione sotto la presidenza del Consiglio).
Una nomina salutata favorevolmente dal mondo del privato sociale (la Fict – Federazione italiana comunità terapeutiche, è stata fra le prime associazioni a recapitargli gli auguri di buon lavoro). Serpelloni del resto, in questi anni, pur avendo lavorato nel settore pubblico (alla sua équipe si deve la ricerca sul cosiddetto vaccino anticocaina) non ha mai interrotto il dialogo con il mondo del non profit.
Vita: Qual è il mandato che ha ricevuto da Giovanardi?
Giovanni Serpelloni: Il mio compito è quello di rimettere in piedi il Dnpa, il Dipartimento nazionale politiche antidroga, che il precedente governo aveva chiuso. La struttura è da creare praticamente da zero. Dopo aver individuato la sede, mi trasferirò in pianta stabile a Roma. Con me, fra esperti del settore e personale amministrativo, lavoreranno circa 30 persone.
Vita: Non molte. Non si rischia che il dipartimento rinasca solo sulla carta ma poi non abbia gli strumenti per incidere concretamente?
Serpelloni: La struttura che ho in mente sarà profondamente diversa da quella che abbiamo conosciuto. Il mio sarà un dipartimento aperto ai contributi e alla partecipazione delle Regioni in primis, ma anche delle comunità terapeutiche, dei Sert e dei centri di ricerca. Ai quali ci appoggeremo per avere una fotografia realistica della situazione. È evidente infatti che senza conoscere lo status quo è impossibile disegnare strategie per il futuro.
Vita: La Relazione annuale al Parlamento non è un documento sufficiente in tal senso?
Serpelloni: Io dico che i nuovi fenomeni, primi fra tutti l’abbassamento dell’età del consumo, l’avvicinarsi massiccio delle donne alle dipendenze e il boom della cocaina necessitano di studi epidemiologici e statistici precisi, che determinano le politiche di intervento. Politiche di intervento che, lo ripeto, possono essere efficaci solo se partecipate dagli operatori. Per questo il mio sarà un dipartimento che guarda alla periferia e non cadrà nell’errore di volere accentrare tutto a Roma. Lo definirei un dipartimento-network.
Vita: In passato le attività del Dnpa spesso si sono ridotte al finanziamento di campagne nazionali contro le dipendenze. Da questo punto di vista, che budget ha in portafoglio?
Serpelloni: Per ora le risorse che ho in cassa serviranno alla struttura. In futuro, vedremo. Io in questo senso ho un approccio decisamente militaresco: la politica decide, noi tecnici eseguiamo.
Vita: Ritiene che la legge in vigore sia da modificare?
Serpelloni: Credo di no.
Vita: Giovanardi però ritiene che in qualche misura vada rivista…
Serpelloni: Questo lo penso anch’io. Tutto può essere migliorato. Ma l’impianto generale funziona. E poi diciamocelo una volta per tutte: non è che con una legge si possono fare grandi cose.
Vita: In che senso?
Serpelloni: Quando e se gli operatori sul territorio non sono preparati ad affrontare le nuove dinamiche di consumo, la norma, qualsiasi norma, risulta inefficace. Dal mio punto di vista, la prima cosa da fare è proprio intervenire nella formazione di chi ogni giorno viene a contatto con i consumatori. Ci devono essere operatori pubblici, privati accreditati o senza accreditamento. Il dialogo e il confronto va tenuto aperto con tutti.
Vita: Un dipartimento dialogante a 360 gradi non rischia di perdersi in mille rivoli senza riuscire a tracciare un percorso netto?
Serpelloni: Di certo occorre che la distinzione dei ruoli sia chiara. Ma non considero che quello a cui lei accenna sia un pericolo.

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