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Zimbabwe, Tsvangirai chiede forze di pace
Il leader dell'opposizione scrive al Guardian raccontando perchè si è ritirato e chiedendo una forte mobilitazione della comunità internazionale
di Redazione
Questa mattina il quotidiano inglese Guardian ha riportato un articolo firmato da Morgan Tsvangirai, leader del Movimento per il Cambiamento Democratico dello Zimbabwe, che nei giorni scorsi si è rifugiato nell’ambasciata olandese di Harare dopo aver annunciato di non voler partecipare al ballottaggio del 27 Giugno per l’elezione del presidente nazionale.
Nella lettera inviata al giornale, Tsvangirai chiede che Nazioni Unite e Unione Africana si impegnino con più forza per protestare contro il regime di Mugabe, condannando le violenze che stanno sconvolgendo il paese e isolando veramente il dittatore.
Tsvangirai spiega il perché del suo ritiro dalle elezioni: «Non posso più permettere che i miei connazionali soffrano queste torture, perché penso che abbiano sopportato abbastanza. La mia non è una decisione politica. E comunque non ci sarebbe bisogno di un secondo turno, visto che l’MDC ha già ottenuto la maggioranza al primo, come ammette la stessa commissione elettorale pro-Mugabe». Il Movimento, infatti, sosteneva di aver superato il 50% dei consensi, ma, dopo settimane di dubbi silenzi, i risultati ufficiali lo dettero al 48,7%.
Ma il leader dell’opposizione va ben oltre. Afferma di auspicare un invio di forze di peacekeeping per «proteggere la popolazione». «Non vogliamo fare il via ad un conflitto» afferma Tsvangirai «ma la gente dello Zimbabwe ha bisogno che le parole di indignazione dei potenti del mondo sia sostenuti dalla rettitudine morale di una forza militare». I soldati bloccherebbero gli oppressori, comportandosi da «guscio protettivo per il processo di democratizzazione del paese».
Tsvangirai ha chiede anche l’accesso di osservatori internazionali che vigilino sull’onestà delle elezioni. Secondo l’ex candidato alla presidenza: «La battaglia nello Zimbabwe è uno scontro tra democrazia e libertà, giustizia e ingiustizia, giusto e sbagliato. La comunità internazionale deve essere qualcosa di più di un sostenitore morale. Deve iniziare a mobilizzarsi».
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