Non profit
5 per mille: obbligo di rendicontazione?
Ecco quanto prevede il Dpcm 2008. In arrivo un bel po’ di lavoro per le organizzazioni beneficiarie del contributo. Tutto necessario? Risponde il nostro esperto
di Redazione

Possibile che quando un obbligo investe il cittadino (in questo caso nella sua forma associata, un ente non profit) esso sfiori il sadismo, e l’amministrazione pubblica si ponga solo come ente sovrastante, superior stabat lupus, senza obblighi e responsabilità? Questa in effetti è l’impressione leggendo il tardivo dpcm 19 marzo 2008 relativo al 5 per mille 2008 (in particolare gli articoli 8 e 9), e ricordando ciò che è successo in questi due anni e mezzo di mala amministrazione.
La Finanziaria 2008 recava all’art 3, c 6 l’obbligo (per gli ammessi al 5 per mille) di redigere entro un anno dalla ricezione delle somme un apposito e separato rendiconto dal quale risulti la destinazione delle somme devolute dai contribuenti.
Già questa previsione – impeccabile nelle intenzioni – peccava di pressappochismo nella formulazione e (vedremo) nella realizzazione. Bastava prevedere, per esempio, nel limite dei due anni successivi all’incasso delle somme, una rendicontazione del tutto analoga a quella prevista dalle raccolte pubbliche di fondi (rpf) nei tempi e nei modi richiesti per queste, in modo tra l’altro di accorpare diversi obblighi in un’unica scadenza (4 mesi dalla fine dell’esercizio finanziario) e dare la possibilità a chiunque di avere un quadro d’insieme tutto in una volta (rendiconto dell’attività, delle rpf, del 5 per mille). Il dpcm è riuscito nell’impossibile, ovvero far diventare una norma mal congegnata in una pratica dirigista e dagli incerti esiti. Sarà tema – ritengo – di prossimi ricorsi, liti, istanze.
Cosa dicono i due articoli 8 e 9 del dpcm? Andiamo a punti.
Primo: chi avrà ricevuto (credo a fine 2009) le somme del 5 per mille 2008, dovrà redigere un apposito rendiconto utilizzando un modulo reso disponibile sui siti dei diversi ministeri. Torniamo al mito degli schemi di bilancio o di rendicontazione. Rabbrividisco. Avrei qualche dubbio sul fatto che Agenzia delle Entrate e ministeri vari sappiano proporre schemi chiari, semplici e di immediata compilazione e lettura. Attenzione, la mia non è ridotta fiducia nel settore pubblico o in uno o altro ufficio. È che troppe speranze abbiamo riposto nel fatto che – tanto per dirne una – un meccanismo semplice come il 5 per mille potesse essere governato con altrettanta agilità. Se tanto mi dà tanto, temo l’uscita dei suddetti schemi di bilancio. Abbiamo visto come è andata a finire con gli schemi di bilancio proposti dall’Agenzia per le onlus. Limiti random per definire chi deve redigere un bilancio di un certo tipo e chi un altro, nessun rispetto per le specificità delle diverse tipologie di organizzazioni non profit, e via di questo passo.
Secondo: i limiti. Il dpcm reca che tutti devono rendicontare i soldi ricevuti secondo i famigerati schemi di bilancio. Chi incassa più di 15mila euro dovrà inviare telematicamente (il correttore ortografico induce in un «telepaticamente», chiaro lapsus freudiano) detti schemi con relazione. Chi incassa meno di 15mila euro deve comunque redigere il rendiconto, ma presentarlo solo nel caso di richiesta (dei ministeri, dell’Agenzia delle Entrate). Dove hanno preso questo limite? Ancora: chi (quale legge) ha dato loro il potere di definire un limite e una procedura di invio telematico? E ancora. Se non inviate il vostro schema, vi verranno richiesti indietro i soldi. Con gli interessi e rivalutati all’indice Istat. Proprio come vi stanno arrivando ora quelli del 2006 (maturati nel 2005): con gli interessi e rivalutati, vero?
Carlo Mazzini
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