Famiglia

quei figli di nessuno

italia-romania Frattini ha firmato un accordo per il rimpatrio dei minori rumeni

di Redazione

Il Protocollo è stato intitolato «Sulla protezione dei minori romeni» e c’è davvero da credere che, almeno fino a quando resteranno sul suolo italiano, bambini e adolescenti non accompagnati avranno pieno accesso al sistema sanitario, educativo e sociale del nostro Paese. Ma l’accordo firmato il 9 giugno scorso dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e dal suo omologo Lazar Comanescu prevede anche, e soprattutto, il rimpatrio protetto dei minori rintracciati sul suolo italiano. Non si tratta di numeri da poco: secondo la Caritas (che ha appena fatto un monitoraggio più generale nel volume Romeni. Immigrazione e lavoro in Italia) i minori non accompagnati di nazionalità rumena nel nostro Paese sono più di 2mila, la metà di tutti gli stranieri under 18 senza famiglia finora censiti.
Questo apre qualche preoccupazione, soprattutto tra le ong che hanno esperienza di cooperazione con la Romania e conoscono il dramma dell’abbandono minorile che in questo Paese coinvolge ancora almeno 74mila minori. Il primo a parlarne è stato AiBi, impegnato con altre associazioni (Don Orione, Gvc, Parada, Engim, Enzo B. e altre) nel Tavolo Romania: «L’accordo intende garantire ogni forma di protezione ai minori non accompagnati fino al loro rientro in Romania, ma rimane aperta la questione delle misure e delle politiche da attivare nel Paese per garantire il loro diritto a vivere in una famiglia. È questo il nodo del problema», commenta Marco Griffini, presidente di AiBi. «Ci chiediamo, infatti, quanti dei minori non accompagnati che arrivano in Italia siano di fatto abbandonati nel loro Paese».
Don Gino Rigoldi è lapidario: «Se in patria questi ragazzi ritroveranno il nulla da cui sono fuggiti, il sistema è fallito in partenza», dice senza mezzi termini. Don Rigoldi con la sua associazione Bambini in Romania ha promosso la realizzazione di tre comunità, due centri diurni e di un sistema di prevenzione dell’abbandono in ospedale che ogni anno permette a 200 neonati di restare con la loro mamma. E conosce bene anche la fisionomia dei ragazzi in fuga, «che qui in Italia si disfano, perché difficilmente trovano un percorso di vita sano e positivo», dice. «Per questo è ancora più importante che di là, oltre alla frontiera, ci siano degli interlocutori pronti a farsi carico di una loro reintegrazione socio-familiare». Stesso discorso per i ragazzini rom, «le cui famiglie, queste sì quasi sempre in Italia assieme a loro, vanno trovate e responsabilizzate».
L’auspicio è che nel grande cantiere Romania, dove l’economia vola grazie alla delocalizzazione produttiva straniera (soprattutto italiana), le preoccupazioni sociali ed educative comincino davvero a farsi strada. I dati delle ong aderenti al Tavolo Romania vanno al cuore del problema: i tassi di abbandono nelle maternità e nei reparti pediatrici restano altissimi, circa 9mila l’anno, più della metà riguardanti piccoli di etnia rom. Lo “svuotamento” degli orfanotrofi è stato reso possibile solo da un cambiamento nella tipologia di protezione dei minori (assistenti familiari e famiglie allargate anziché istituti), ma non sono stati abbattuti i tassi di abbandono e la realtà di difficoltà familiare dei bambini. In molti casi la reintegrazione nella famiglia biologica è avvenuta semplicemente riconsegnando al domicilio conosciuto il piccolo abbandonato in ospedale, senza alcun tipo di controllo successivo. «Per quanto tempo l’Unione europa sarà disposta ad accettare che uno dei suoi Paesi membri rimanga impassibile di fronte al dramma di migliaia di minori senza futuro?», si domanda Griffini. Che rivolge un appello al ministro Frattini, da sempre sensibile al tema dell’adozione internazionale, perché raccolga l’iniziativa di tante ong impegnate a dare una famiglia a questi bambini e adolescenti.


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