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E Murdoch affondòla debole europa Una gigantesca campagna condotta dal Gruppo Libertas,sostenuta a spada tratta dalla stampa del magnate inglese.Ma le ragioni della disfatta sono più profonde di Luca Jahier
il no irlandese Chi ha spinto per il rifiuto del Trattato
di Redazione
Mai nella storia dell’Unione cosi tanto è stato deciso da così pochi. Il No irlandese è stato uno tra gli eventi più temuti dell’ultimo semestre. Quattro milioni di persone, 3 milioni di elettori: ha votato poco più del 50% degli aventi diritto e poco più di 800mila persone hanno detto No alla ratifica del Trattato di Lisbona, fermando un processo che interessa e coinvolge direttamente 500 milioni di persone dell’Ue e ove i Parlamenti di 18 Paesi hanno già detto Sì.
È assolutamente impossibile sapere ora che cosa succederà. Nessuno lo sa per davvero, sia tra coloro che invocano la continuazione del processo e l’esclusione di chi ha votato no, sia tra coloro che pensano che occorra trovare un altro modo per far tornare sui loro passi gli irlandesi (come già avvenne nel 2001, essendo l’unico Paese in Europa che è obbligato ad un referendum poiché il Trattato implica per loro una revisione del testo costituzionale). Del resto nelle prossime settimane tutti gli sherpa e i politici europei saranno all’opera ad inventare nuove “pezze” o improbabili “piani B”.
Probabilmente i governi e la Commissione si inventeranno un ennesimo «periodo di riflessione», accompagnato da qualche nuova strategia di comunicazione e seguito da qualche astruso pateracchio. In attesa della prossima bocciatura. Mentre la Repubblica ceca, che avrà la presidenza dell’Ue subito dopo la Francia, nel primo semestre 2009, quello delle elezioni europee per intenderci, ha già detto che a questo punto il Trattato è morto e la Cekia non lo ratifica più perché inutile.
In tutta Europa, ancora una volta, hanno ritrovato slancio ed entusiasmo le forze più euroscettiche. Ma è difficile non ricordare che la vittoria del No è stata soprattutto frutto di una gigantesca e costosissima campagna condotta dal Gruppo Libertas, creato e finanziato dal giovane uomo d’affari Declan Ganley e dal partito del Sinn Fein, appoggiato dalla stampa britannica di proprietà di Rudolph Murdoch e, si dice, anche dai neocon statunitensi, via favolosi contratti militari. Gli slogan tutti legati alla perdita di potere dell’Irlanda, al fatto che non avrebbe più avuto il controllo sul proprio futuro.
Questa crisi è molto profonda e assai più estesa di quanto la si voglia circoscrivere. Cosa sarebbe successo se anche in altri Paesi si fosse sottoposto il Trattato al voto popolare?
Il problema vero è che oggi, al di là di una stanca tensione a costruire un’Europa politica con maggiore e più rapida capacità decisionale, nessuno capisce veramente cosa l’Europa vuole essere e cosa vuole fare, quali sono oggi i vantaggi ad essere cittadini europei, se si debba e perché avere una missione nel mondo di oggi. Ha ragione Tremonti ad evocare in tutta Europa una crescente e preoccupante crisi dei ceti medi, i quali sono sempre più pieni di timore verso il futuro, verso l?esterno e verso gli immigrati. Chiedono sicurezza, che è quella personale ma anche quella sociale, che è sempre più vaga. Un’Europa incapace di uscire dal buco delle proprie insicurezze particolari è destinata a un ben triste destino, non credo solo all’irrilevanza, ma ad una povertà crescente e anche ad un numero crescente di conflitti interni e tra i propri popoli. Un’Europa senza coscienza delle proprie radici e senza capacità di visione è un’eredità senza futuro. Certamente non è in grado di far fronte alle sfide enormi di questo tempo, dal mercato del lavoro alla globalizzazione finanziaria e tecnologica, dall’energia al cambiamento climatico, dalla demografia all’immigrazione, per non citare che i maggiori temi che toccano violentemente e, per ora senza risposte adeguate, il nostro futuro.
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