Non profit
L’idea di Tremonti?Solo finanza creativa
il decreto del governo giudicato da MC
di Redazione
Il decreto sulla rinegoziazione dei mutui per la prima casa è stato presentato dal governo e dall’Abi come un fondamentale sostengo alle famiglie, che, a seguito dell’aumento dei tassi di interesse, si trovano in difficoltà nel pagare le rate per i mutui a tasso variabile, quasi una benevola concessione da parte delle banche ai consumatori. Ma è proprio così?
Il decreto prevede che i mutui per l’acquisto o per la ristrutturazione dell’abitazione principale possano essere rinegoziati sulla base di una convenzione tra Abi e ministero dell’Economia che dovrà recepire alcune previsioni già contenute nel decreto: 1) la sostituzione della rata variabile con una rata fissa, calcolata in base al tasso d’interesse medio del 2006; 2) la differenza tra la rata prevista dal contratto originario (variabile) e quella del contratto rinegoziato (fissa) viene addebitata su di un nuovo conto di finanziamento accessorio, che maturerà interessi a carico del consumatore pari all’Irs a dieci anni aumentato di mezzo punto percentuale; 3) se in futuro i tassi d’interesse di mercato saliranno, la durata del mutuo verrà allungata per consentire il rimborso del finanziamento accessorio; 4) se i tassi di mercato scenderanno, si potrà tornare all’originaria rata variabile; 5) le operazioni di rinegoziazione sono esenti da tasse imposte e costi a favore delle banche.
Non si tratta quindi né di beneficenza (che nessuno si aspetta da parte delle banche), né di un regalo ai consumatori strozzati dalle rate del mutuo. Il decreto prevede infatti la riduzione della rata attuale del mutuo a tasso variabile in una più contenuta rata a tasso fisso. La rinegoziazione consentirà quindi solo un momentaneo sospiro di sollievo a chi non riesce a pagare le rate del mutuo, ma ne prolunga la durata e il costo complessivo, incrementando quindi l’indebitamento delle famiglie. In altre parole, viene rinviato al futuro il pagamento di un debito oggi non più sostenibile.
Il cambio di rotta rispetto agli interventi del governo precedente è evidente. Innanzitutto sono state estromesse dalla determinazione del contenuto della convenzione le associazioni dei consumatori che proprio con l’Abi avevano concordato la riduzione delle penali per l’estinzione anticipata. In secondo luogo mentre il cosiddetto decreto Bersani, prevedendo la portabilità del mutuo senza spese per il consumatore, mirava a stimolare la concorrenza tra le banche, il decreto Tremonti la affossa incentivando una rinegoziazione che avverrà solo ed esclusivamente con la propria banca e che avrà un contenuto sostanzialmente standardizzato per tutti. In assenza della benedizione governativa per decreto, un simile accordo raggiunto tra le sole banche interessate sarebbe certamente finito all’attenzione dell’autorità Antitrust in quanto intesa restrittiva della concorrenza.
Mentre con la portabilità del mutuo il consumatore è incentivato a cercare le offerte alternative più competitive, con la rinegoziazione rischia di essere attratto dall’apparente beneficio di una rata più contenuta rinunciando a cercare condizioni effettivamente più convenienti che portino benefici stabili e duraturi e che non consentano solo momentanei sospiri di sollievo.
La rinegoziazione è quindi collettivamente inopportuna e potrà risultare appetibile solo per coloro che non hanno alcuna possibilità di cambiare banca alla ricerca di condizioni più favorevoli. Il rischio è che anche quelle famiglie che potrebbero ottenere maggiori benefici dalla portabilità si adagino sulla proposta di rinegoziazione standardizzata che le banche sponsorizzeranno caldamente per evitare il rischio di perdere il cliente. Senza contare che l’allungamento del debito può risolversi in un’operazione di finanza creativa che rischia di diseducare ulteriormente il consumatore, che può essere portato ad indebitarsi ulteriormente non sempre per esigenze primarie quali quelle abitative.
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