Non profit
UE: immigrazione, una direttiva controversa
La direttiva sui rimpatri degli immigrati irregolari, approvata il 18 giugno dal Parlamento Ue e la reazione delle organizzazioni non profit
di Redazione

L’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Louise Arbour, chiede di boicottarla. Organizzazioni internazionali come Amnesty International e Save the children hanno espresso“profonda amarezza” per la sua approvazione. Molte associazioni europee, laiche e cristiane (in Italia Centro Astalli, Cir e Caritas) ne evidenziano i punti critici, soprattutto per quanto riguarda minori e richiedenti asilo.
La direttiva sui rimpatri sui rimpatri, approvata il 18 giugno dal Parlamento europeo in sessione plenaria a Strasburgo, è il primo atto legislativo che stabilisce norme comuni Ue sull’espulsione degli immigrati clandestini, finora di competenza dei singoli Paesi membri e intergovernativa sotto il cosiddetto ‘terzo pilastro’ dell’architettura istituzionale dell’Unione europea. I paesi Ue avranno ora due anni per recepire le nuove norme europee.
Il testo – prodotto sulla base del compromesso raggiunto lo scorso 5 giugno sulla base della relazione presentata dal deputato Manfred Weber (Ppe/De, De) – è stato approvato con 369 voti a favore, 197 contrari e 106 astenuti.
All’inizio di giugno la direttiva aveva avuto il via libera dei ministri dell’Interno dei 27 dopo tre anni di dibattito nell’Ue. Gli eurogruppi dei socialisti, dei verdi e della sinistra e le organizzazioni per i diritti umani avevano subito criticato la direttiva, giudicandola troppo severa con i clandestini.
Stando alle cifre della Commissione Ue ci sono circa otto milioni di immigrati clandestini nell´Ue. Di questi, circa 200.000 sono stati arrestati nella prima metà del 2007 e di questi 90.000 sono stati espulsi. I paesi Ue avranno ora due anni per recepire le nuove norme europee. Chi ha norme più favorevoli, anche per quanto riguarda il periodo di detenzione, potrà mantenerle, ma chi non ha limiti massimi, e sono sette i paesi in questa condizione, come Gran Bretagna, Danimarca e Olanda, dovrà adeguarsi introducendo tetti massimi al periodo di detenzione. Il ministro dell´Interno Roberto Maroni ha annunciato che chiederà l´immediato recepimento della direttiva europea , che “contiene delle norme anticipate” nel decreto adottato dal governo nelle scorse settimane.
I punti più controversi
I minori, accompagnati o meno dalla famiglia, potranno essere rinchiusi nei centri di detenzione. La direttiva vuole garantire la possibilità di ”accesso all’educazione” e chiede agli Stati membri di tenere conto ”dell’interesse principale del bambino”, ma autorizza l’espulsione dei minori non accompagnati anche verso Paesi dove non siano presenti né un tutore, né i familiari, ma solo ”strutture d’accoglienza adeguate” (art.5).
La permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione. Una delle disposizioni più controverse riguarda la durata della detenzione nei Centri di permanenza temporanea (in Italia l’attuale governo ha cambiato il nome da Cpt in Cie-Centri di identificazione ed espulsione), che può essere prorogata fino a un totale di 18 mesi nel caso vi sia un rischio di fuga o il rifiuto dell’espulsione (art.14). Questa norma potrebbe rappresentare un miglioramento per nove Stati membri oggi senza limiti, ma, come ha già fatto il governo italiano con il suo ‘pacchetto sicurezza’ potrà essere invocata da altri paesi per alzare i limiti di detenzione. Il testo prevede la possibilità di accesso ai centri di detenzione da parte delle organizzazioni non governative, la possibilità di fare ricorso contro l’espulsione e il diritto dei clandestini all’assistenza giuridica.
Il divieto di riammissione per cinque anni. Un ulteriore punto di scontro è il divieto per gli immigrati illegali di rientrare nei paesi dell’Ue da cui sono stati espulsi per cinque anni dopo la misura di espulsione (art.9). Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti umani, il divieto potrebbe pregiudicare la concessione dell’asilo per persone espulse che potrebbero trovarsi, successivamente, nelle condizioni di invocarlo. E potrebbe anche impedire, in certi casi, i ricongiungimenti familiari.
Le critiche
Dure critiche alla direttiva sono arrivate dall’Alto Commissario Onu per i diritti umani. Louise Arbour, che ha chiesto ai paesi europei di non applicare le nuove norme e di ratificare invece la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei lavoratori immigrati.
Amnesty International ha espresso “profonda amarezza” per l’approvazione, criticando soprattutto il lungo periodo di detenzione nei Cpt e le “insufficienti garanzie per i minori”.
Una sottolineatura, quest’ultima, condivisa da una delle più grandi organizzazioni internazionali per la tutela dei minori, Save the children, che ha definito la direttiva “in contraddizione con la Convenzione Onu dei diritti dell’infanzia e dall’adolescenza”.
In Italia a esprimere la propria opposizione al contenuto della direttiva sono state sia ong laiche come Cipsi e Terre des hommes che organizzazioni cattoliche come Caritas e Centro Astalli. Secondo il direttore del Centro Astalli, padre Giuseppe La Manna, la direttiva porterà “ulteriori difficoltà riconoscimento dei diritti dei rifugiati, sanciti dalla Convenzione di Ginevra e da altre Convenzioni internazionali”. “Ma se veramente vogliamo risolvere i problemi bisogna aiutare i Paesi di provenienza, costruendo insieme contesti di pace in cui le persone non siano costrette ad emigrare. Tutti siamo d’accordo a livello mondiale ma manca la volontà concreta”. Un commento negativo dopo l’approvazione della direttiva è arrivato anche dall’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti. «Mi ritrovo con l’opinione espressa dalla minoranza» ha detto, e cioè che i cittadini di paesi terzi, come cittadini comunitari, non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa dell’infrazione amministrativa». Secondo il responsabile del Vaticano per i migranti regolare i flussi migratori è legittimo, ma non lo si può fare «con una tendenza al ribasso sui diritti umani».
A esprimere la propria opposizione alla direttiva sono stati anche 44 governi di paesi terzi, per lo più sudamericani.
Documento: leggi il testo completo della direttiva Ue
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