Welfare

La nostra allegra sfidaa preconcetti e rigidità

un anno di Yalla All'inizio un po' di scetticismo. Poi abbiamo vinto...

di Redazione

Risate, riflessioni, litigate, idee originali, silenzi. Un anno di storia italiana, un anno di storie di uomini e donne (non solo della De Filippi), un anno di “noi”. In questo contesto cresce e si sviluppa Yalla Italia.
Poi il dubbio. Ma i nostri lettori come ci hanno percepito? Bene, lo scopriamo subito intervistando a campione alcuni fedeli di Vita.

Anna, Diana e la “sciura” Maria
Anna è la prima intervistata. 27 anni. Laureata in Economia e commercio. Le faccio due domande:
Hai letto Yalla Italia? Cosa ne pensi?
«Mi ha incuriosita da subito, non avevo mai conosciuto giovani figli di immigrati, in particolare musulmani, e ho letto cose che non mi aspettavo e ho trovato molta apertura, ironia e senso critico».
Pensi che i figli degli immigrati possano diventare dei veri italiani?
«Beh dovremmo discutere su cosa voglia dire il vero italiano, forse. Ma in generale credo che chiunque si senta cittadino di un Paese, pur portando valori extra, può certamente esserlo. Chi vuol essere italiano lo è rispettando le leggi del Paese e le sue tradizioni. Chi vuol essere un nuovo italiano deve essere rispettato per gli elementi nuovi che introduce».
Nadia invece ci racconta di aver conosciuto Yalla tramite amici. Si è appassionata molto e ha continuato a leggerci: «Vorrei poter conoscere la redazione e mi chiedo se potesse in futuro esserci la possibilità di interagire con i ragazzi che scrivono e far scrivere su Yalla anche noi giovani coetanei dei “Yallisti”.
(Un’idea interessante, la passeremo al nostro coordinatore).
L’intervista si fa più difficile cercando di parlare con una “sciura Maria” che casualmente incontro in un’edicola e trovo a comprare Vita. Le chiedo se ha letto Yalla e cosa pensi dei giovani che vi scrivono. Dopo un iniziale momento di perplessità della sciura che non capiva di cosa parlassi, si accende la lampadina ed esordisce con un: «Ah la roba che scrivono gli islamici?».
Beh, sì all’incirca, le rispondo io. E lei farfugliando dice che inizialmente era rimasta delusa che Vita desse spazio a degli islamici ma che poi ha capito che eravamo brava gente.

Chiarimenti sul ridere
Già. Nella mia ricerca di opinioni dei lettori ho più volte percepito che i molti fossero convinti che Yalla fosse lo spazio dei giovani musulmani, quando non è esattamente così. C’è una buona parte di questi ma non esclusiva. Infatti Yalla nasce per dare voce ai giovani delle cosìddette seconde generazioni ovvero i figli degli immigrati.
Or bene. Anche molti musulmani hanno avuto l’impressione di cui sopra. In particolare perché il primo numero di Yalla era intitolato «Ridere da musulmani» per cui un po’ depistante poteva essere.
E intervistando alcuni miei correligionari mi è stato comunicato un certo disagio per quel primo numero che ironizzava sì sul mondo arabo ma in alcuni flash anche sulla religione. Per questo da alcuni è stato letto male, ma civilmente, non come da altre parti; la reazione più semplice è stata al massimo di non leggere più la rivista o continuare a leggerla per “controllare” che non si dicesse altro.
Infatti i numeri successivi sono poi piaciuti e sono stati stimolo a dibattere in tanti gruppi giovanili.
Tutto di grande stimolo a continuare a scrivere.
Insomma, come disse qualcuno, male o bene l’importante che si parli di noi e ci leggiate!
Buona lettura a tutti! E buon compleanno Yalla!

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