Cultura

Musulmani e cattolicialla fiera dei tabù

cosa si può dire e cosa no Due culture allo specchio con tante sorprese

di Redazione

Astare zitti o a parlare, si comunica sempre. L’urgenza che ha uno straniero appena sbarcato in un nuovo Paese è quello di imparare la lingua, di parlare, di comunicare. Invece nessuno ti insegna quello che è opportuno non dire, ma nemmeno quelle parole edulcorate e mascherate che si dovrebbero utilizzare quando si affrontano argomenti “sensibili”. Quando sono sbarcata a Malpensa avevo nella mia valigia un carico di tabù legati alle mie origini e non immaginavo che strada facendo ne avrei persi alcuni, ma acquisiti altri.

Tabù superati
Mi è stato facile superare alcuni blocchi come quello della visione di un corpo nudo nei media e sui cartelloni pubblicitari. Un giorno mentre attraversavo un incrocio vicino a casa , ho visto un signore identificabile come musulmano (dal vestito che indossava), immobile in mezzo alla strada con occhi spalancati che fissava il fondo schiena di una donna che pubblicizzava i servizi di una palestra del quartiere. Anche se ci passavo davanti da settimane, la foto non aveva mai colpito la mia attenzione. Ancora più strano è stato trovarmi a discutere con conoscenti italiani scandalizzati di fronte ad una pubblicità di una nota maison francese, che aveva osato presentare un nudo maschile: non riuscivo a dare un senso razionale alle reticenze dei miei amici.

Tabù acquisiti
Prima di venire in Italia credevo che parlare di Mussolini e del fascismo fosse un argomento da evitare come parlare del nazismo in Germania. Con grande stupore ho capito che i discorsi e le varie retoriche sul periodo fascista sono più che mai attuali sia nei media sia tra le gente. Quando si parla del Duce con persone di destra si sente spesso dire che «Mussolini ha comunque fatto tante belle cose per l’Italia, non bisogna scordarselo».
Un termine da non pronunciare in Italia, soprattutto del Nord, è invece “mafia”. Alcune persone sostengono che si tratta di un fenomeno che non esiste più solo per zittire generalizzazioni ingiustificate.

Tabù unilaterale
Secondo gli etnologi, i tabù non sono universali e ogni cultura ha le proprie proibizioni. Ma nessuno parla dei tabù unilaterali, cioè di quegli argomenti che vengono affrontati nelle domande ma non nelle risposte. Quando mi presento come tunisina è quasi automatico che i miei interlocutori affermino «allora sei musulmana!» e da lì a proseguire con domande molto personali come «quindi non bevi alcolici e non mangi carne di maiale?», oppure «perché non porti il velo? Ma allora non sei praticante?». Per me non era un tabù rispondere a queste domande ma lo è diventato quando ho realizzato che gli italiani svelavano in pubblico molto poco delle loro pratiche religiose.
Ho scoperto che alcuni miei conoscenti e amici vanno a messa, si confessano o fanno il venerdì magro solo per puro caso. La religione per gli italiani appartiene alla sfera personale ed è quasi inconcepibile parlarne così dettagliatamente in pubblico se non per scambiarsi gli auguri di Natale e di Pasqua.

Domande impertinenti
Mi ricordo ancora lo sguardo scioccato di una collega che alla domanda che mi aveva posto, cioè se lo stato dei diritti delle donne in Tunisia fosse disastroso come in altri Paesi musulmani, mi ha sentito rispondere che noi avevamo ottenuto il diritto al divorzio e all’aborto venti anni prima delle italiane. Le uniche parole che è riuscita a pronunciare erano «E lo dice come se ne fosse fiera?». Mi sono serviti alcuni anni prima di capire che lungo lo Stivale questi diritti basilari che tutelano le donne e le garantiscono di poter decidere anche della loro vita privata, sono interpretati in maniera particolare. Mentre in Italia il divorzio viene vissuto spesso con sensi di colpa, nel mondo islamico (poiché il matrimonio non è un sacramento come nella religione cristiana) il divorzio è considerato esclusivamente come un atto burocratico che formalizza l’interruzione di un contratto stipulato tra due persone. A mio avviso, il peso della religione cattolica è importante in Italia quanto lo è la religione musulmana nel mondo arabo. Ognuna promuove divieti e proibizioni ma anche libertà e diritti.

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