Cultura

Il voto dei cattoliciun voto da migranti Oggi è una comunità fatta per un terzo di nuovi cittadini.Nel 2004 voltò le spalle a Kerry perché abortista.Oggi è divisa tra Obama e Hillary di Alessandra Marseglia

usa 2008 La Chiesa americana dopo il viaggio del papa

di Redazione

Alle elezioni presidenziali statunitensi del 2004 il fallimento del candidato democratico, il cattolico John Kerry, fu dovuto in gran parte proprio al voto dei cattolici. Il 52% di essi, infatti, voltò le spalle al senatore, un eroe di guerra ma anche un abortista convinto, preferendogli piuttosto il teocon George W. Bush. I democratici non dovrebbero correre lo stesso pericolo nelle elezioni di novembre: stando almeno agli innumerevoli sondaggi rilasciati in questi giorni, le preferenze dei cattolici dovrebbero quasi certamente andare al partito dei liberal.
A guardare bene la storia politica dell’America, emerge chiaramente che i cattolici d’Oltreoceano sono storicamente lontani da una tradizione di voto monolitica. Fedeli prima al New Deal e naturalmente a John Fitzegerald Kennedy, negli anni 70 e 80 si sono riconosciuti piuttosto nella politica reaganiana, prima di farsi conquistare negli anni 90 dal giovane Bill Clinton. E dopo la scelta a favore dei repubblicani del 2004, c’è motivo di pensare che oggi George W. Bush abbia deluso gran parte dei cattolici d’America. E questo non solo per la lunga guerra in Iraq che ha portato quasi 4mila morti solo tra i soldati americani, ma anche e soprattutto per le politiche anti immigrazione, che scoraggiano nuovi ingressi e inaspriscono le pene nei confronti dei clandestini, volute dall’attuale presidente degli Stati Uniti e fortemente sostenute da tutto il partito conservatore. Più di un terzo dei 67 milioni di cattolici americani oggi è, infatti, di origini latine, sudamericano o messicano in gran parte. Accanto ai benestanti americani dell’Eastside che educano i figli nelle prestigiose scuole dei Gesuiti, quindi, l’altra faccia dell’America cattolica è oggi composta da 25 milioni di persone che vivono spesso al limite della soglia di sopravvivenza. Non è un caso che negli Stati al confine con il Messico la percentuale dei cattolici sia cresciuta a tre zeri rispetto agli anni 70: il 142% in California, il 300% in Texas, a fronte di un misero 6% negli Stati storicamente fedeli a Roma come New York, New Jersey e Massachussetts. Per i cattolici statunitensi vecchi e nuovi, insieme all’opposizione all’aborto, alla pena di morte e al matrimonio tra omosessuali, temi centrali sono oggi la sanità gratuita, gli aiuti economici per le famiglie povere, oltre naturalmente a una politica sull’immigrazione più morbida.
«I cattolici non possono che avere un candidato di riferimento: Hillary Clinton», hanno scritto in una lettera aperta ai quasi 4 milioni di cattolici della Pennsylvania i due figli del senatore Bob Kennedy, Kathleen Kennedy Townsend e Robert F. Kennedy Jr. Ma non tutti sono su questa linea: «Non sono d’accordo con lui su alcune questioni», spiega Bob Casey, esponente di spicco della comunità cattolica della Pennsylvania, «ma sono certo che Obama come presidente servirà gli ultimi e i derelitti».
I sondaggi nazionali per il momento assegnano la vittoria tra gli elettori cattolici alla metodista Hillary Clinton con il 53% delle preferenze contro il 36% di Obama. Assicurano gli esperti che a premiare la senatrice di New York ci sarebbe innanzitutto la fedeltà al “brand Clinton” che negli anni 90 aveva garantito sgravi fiscali e vantaggi per le minoranze. La religione, d’altronde, è per Obama un tasto dolente, visto che nei mesi scorsi ha dovuto prima fronteggiare le accuse di essere musulmano e poi le polemiche sul reverendo anti americano Wright. «Non crediamo che i cattolici votino in blocco», è la posizione ufficiale del team del senatore dell’Illinois,«c’è grande differenza al loro interno e puntiamo a convincerli uno per uno». Una posizione pragmatica. L’unico rischio però è che nell’attesa i cattolici americani si accasino a sorpresa sotto la bandiera di McCain, che con la visita del Papa ha trovato nuove motivazioni per riacciuffare quell’elettorato così deluso da Bush.

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