Volontariato

Le ong bussano alla portadel servizio civile Un accordo per portare più ragazzi all’estero. In prospettiva, unavera rivoluzione. Numeri (e finanziamenti) permettendo di Stefano Arduini

l'alleanza I big dell'aiuto allo sviluppo a caccia di volontari

di Redazione

Un semplice documento di intenti, a prima vista. Che invece nasconde un terremoto. Alcuni fra i big della cooperazione internazionale italiana hanno infatti mosso il primo passo per entrare a pieno titolo nel panorama del servizio civile nazionale. La rivoluzione si cela dietro un accordo ribattezzato Un’alleanza possibile e necessaria e sottoscritto da Link 2007 e dal Cesc, il coordinamento degli enti di servizio civile. Al primo network partecipano alcune delle associazioni più note fra quelle impegnate nell’aiuto allo sviluppo (fra cui Avsi, Cesvi, Coopi e Intersos). Gli enti principali del Cesc sono invece due ammiraglie del servizio civile come Mosaico (160 sigle aderenti) e Cesc-project.
A spingere le ong è il naufragio della legge 49 del 1987. «Ormai», conferma Stefano Piziali del Cesvi, «non sono più di poche decine all’anno i volontari che fanno un esperienza nei Paesi in via di sviluppo dentro l’inquadramento della 49». Il perché è presto detto. Ancora Piziali: «Quella legge ammette volontari esclusivamente in progetti sostenuti dal ministero degli Affari esteri. Oggi, però, il ventaglio delle collaborazioni dei non governativi è molto più vasto. La nostra scelta nasce da qui». L’inconveniente infatti verrebbe dunque superato con l’adesione al servizio civile nazionale. Che non presenta paletti così rigidi. A lanciare la volata sono scesi in campo Annalisa Marini, presidente del Cesc, che promette nel prossimo futuro di levare la voce per «favorire il servizio civile all’estero inteso come intervento prioritario nel settore della cooperazione internazionale», e Claudio Di Blasi, numero uno del Mosaico, che rivela come «nell’ultimo anno abbiamo individuato il campo della cooperazione internazionale come uno dei settori di sviluppo più interessanti».
L’ingresso di player così importanti equivarrebbe però a uno tsunami del sistema. Oggi vengono avviati all’estero meno dell’1% dei volontari. Nel 2006 sono stati 439, rispetto ai 45.890 “italiani”. Ma soprattutto fino a due anni fa il numero dei posti richiesti dagli enti per l’estero è stato inferiore a quelli finanziabili. Nel 2007 la cifra si è pressoché equivalsa. Mentre in base alle previsioni sul bando 2008 (in uscita a maggio) verrà dato semaforo verde a solo 600 posizioni all’estero su 1.200 richieste. La soluzione? «L’obiettivo», spiega Piziali, «è fare in modo che la ripartizione fra estero e Italia del budget per il servizio civile sia rivista». Ma non solo. «Credo che in un’ottica di cittadinanza attiva, occorra promuovere i progetti nei Paesi in via di sviluppo, mentre oggi ben il 30% dei volontari è attivo in Europa». Come dire, niente sarà più come prima.


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