Economia

Soldi migranti,la microfinanzaha un’idea…

rimesse Troppo pesanti i costi delle transazioni. E allora...

di Redazione

«Da quando esistono le frontiere, gli uomini le superano per visitare Paesi stranieri, ma anche per migliorarvi le loro condizioni di vita. A mio giudizio, le migrazioni sono vantaggiose sia per gli stessi migranti che per i loro Paesi di origine. E questo merita una spiegazione». Così scriveva nel settembre 2006 sulle colonne di Le Monde l’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Forse, una spiegazione ce la potrebbe offrire il fenomeno delle rimesse. Da anni ormai mette in circolazione una massa impressionante di denaro tra il Nord e il Sud del mondo.
Nel suo rapporto Migrations and remittances pubblicato nel febbraio scorso, la Banca mondiale stima a 240 miliardi di dollari i soldi spediti nel 2007 dagli immigrati nei loro Paesi di origine, circa il 4% in più rispetto al 2006, contro i 100 miliardi di dollari erogati nello stesso anno dai Paesi ricchi a titolo di aiuto pubblico allo sviluppo.
Cifre da capogiro che gli statistici dell’istituzione finanziaria internazionale non esitano a moltiplicare per due se si prendono in considerazione i canali informali sfruttati dai migranti per aiutare amici e parenti.
E l’Africa che posto occupa?
Su scala regionale, il continente africano rappresenta appena il 4% delle rimesse destinate al Sud del mondo. Non a caso con rimesse pari a 3,3 miliardi di dollari la Nigeria è l’unico Paese africano ad essersi fatto un posto al sole nella top 25, ma lontano anni luce dai primi tre classificati: India (27 miliardi di dollari), Cina (25,7 miliardi) e Messico (25 miliardi). Riguardo il peso delle rimesse sul prodotto interno lordo, ancora una volta l’Africa offre dati meno allettanti rispetto ai giganti asiatici o ai “dragoni” sudamericani (2,5% tra il 2000 e il 2005 contro una media del 5% sugli altri continenti in via di sviluppo).
Ma la statistica, si sa, è materia da prendere con le pinze. Presto detto, uno studio del Fondo monetario internazionale rivela che «i trasferimenti di denaro verso l’Africa subsahariana per vie informali sono nettamente superiori rispetto a quelli verso le altre regioni». Ancor più sorprendente è la scoperta che «la bilancia dei pagamenti sottovaluta i movimenti intraregionali. Ora», prosegue la ricerca del Fmi, «le migrazioni da una regione all’altra del continente sono frequenti». Talmente frequenti che su circa 16 milioni di migranti africani recensiti nel 2005, oltre il 63% aveva stabilito la sua residenza in un Paese del continente. Non a caso, nella classifica dei “Top 10 migration corridore” stabilita dalla Banca mondiale, i primi posti riguardano gli assi Burkina Faso-Costa d’Avorio, Zimbabwe-Sudafrica, Mali-Costa d’Avorio ed Elitra-Sudan.

L’impatto delle rimesse
Dal punto di vista qualitativo, in Africa le rimesse esercitano il loro impatto più evidente sulla povertà. Secondo Catherine Pattillo, responsabile economico del Dipartimento Africa presso l’Fmi, «il denaro trasferito aumenta le risorse di parenti e amici, rafforza il loro potere d’acquisto e crea un salvadanaio fondamentale per il budget familiare». Di più, sul lungo termine le rimesse consentono alla fasce più povere di accedere ai servizi finanziari ufficiali, in particolar modo ai servizi di risparmio, il buco nero dell’economia africana.
Tuttavia, il sistema bancario del continente, al pari del sistema di trasferimento di denaro dal Nord al Sud del mondo, non sembra predisposto a facilitare la vita dei migranti e dei loro familiari. Tra i costi di transazione elevatissimi praticati da compagnie come Western Union e i mancati accordi tra le banche più importanti, i migranti finiscono per rivolgersi agli istituti della microfinanza, ben felici di poter contare su un capitale all’apparenza insignificante. Gli esempi della Theba Bank (la banca dei minatori in Sudafrica) o dell’International Remittance Network (una rete di 200 cooperative di credito in grado di garantire servizi di trasferimento poco costosi in 40 Paesi tra Africa, Sudamerica e Asia) sono la dimostrazione che anche i più poveri sono clienti da rispettare.


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