Economia

passa per la blogosferal’economia della felicità

il libro Luca De Biase esplora le frontiere dei social networks

di Redazione

Giuseppe De Rita individua nelle nuove minoranze attive i soggetti che possono generare un percorso di trasformazione «sfuggendo alla tentazione del breve termine».
Certamente di queste minoranze attive è espressione protagonista Luca De Biase, direttore di Nova 24, il supplemento settimanale de Il Sole 24Ore che si occupa di innovazione e di tecnologie. Luca De Biase presenta le sue idee e la sua visione del mondo in un recente libro, Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, edito da Feltrinelli.
Proprio mentre sembra che la “mercatizzazione” abbia conquistato una centralità strategica negli scenari della globalizzazione, secondo Luca De Biase siamo di fronte ad un possibile ritorno della voce umana nei mercati. I nuovi media sono frontiera di sperimentazione che testimonia, sia pure ancora per minoranze, l’emersione di nuovi valori e di nuove pratiche.
Anche il mondo delle imprese deve cominciare a fare i conti con la forza di queste minoranze. Quando nel 2006 Adidas ha lanciato sul mercato un nuovo modello di scarpa sportiva, Predator, è proprio dalla lettura dei commenti sui blog che l’azienda si è accorta che i consumatori si lamentavano per il fatto che i colori delle scarpe sparivano dopo pochissimo tempo. La Adidas ha reagito immediatamente consigliando i consumatori di sottoporre le scarpe ad uno speciale trattamento prima dell’uso, ed in questo modo ha evitato che il problema si trasformasse in un grave danno per la sua immagine.
La creazione dei social networks e la diffusione della blogosfera rappresenta, secondo Luca De Biase, la nascita di un nuovo medium molto potente. Sottovalutati a lungo dai media tradizionali, i media partecipati conquistano le risorse della credibilità, dell’attenzione, della dedizione, proprio quelle che i mass media sembrano inesorabilmente destinati a perdere, o almeno faticano a mantenere.
Il modello di una economia che si concentra solo sulla scarsità dei beni e sui modi per moltiplicarli, escludendo dall’area della sua investigazione i bisogni che i beni stessi debbono soddisfare, comincia ad entrare in crisi. Emerge in tutto il mondo uno spazio per la crescita dell’economia dei beni relazionali: car sharing per affrontare l’emergenza della congestione e dell’insopportabile inquinamento delle grandi città, banche del tempo, donne che si organizzano per aiutarsi a tenere i bambini, anziani che abbelliscono piccoli terreni incolti nelle strade fino a trasformali in bellissimi giardini, ragazzi che dall’occupazione di edifici comunali disabitati sono passati a ristrutturarli in accordo con il Comune per farne case per gli studenti. Al centro di questi esperimenti ci sono le persone, le loro idee, la loro creatività. Non i soldi.
Lo sviluppo di questo genere di soluzioni è la dimostrazione del bisogno di una economia della felicità. Si delineano, ancora prematuramente, nuovi paradigmi per la politica, paradigmi che vedono nella felicità delle persone, e non nel reddito nazionale, l’obiettivo che i politici devono massimizzare. È una strada nuova, un sentiero ancora per gran parte inesplorato, che vede nella rete, nelle nuove tecniche di comunicazione dei social networks e dei blog, uno strumento potente di sperimentazione e di scambio nella logica del dono, della trasmissioni dei saperi e delle competenze al servizio di uno sviluppo collettivo. Chissà se da queste minoranze attive non possa davvero venire un contributo per uscire dalla “mucillagine” nella quale, secondo Giuseppe De Rita, siamo ingabbiati.


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