Economia

Michele Ferrero, La csr alla Nutella

Responsabilità Così la interpreta l'italiano più ricco

di Redazione

Si spalma sul pane la fortuna dell’uomo più ricco d’Italia. Vale 11 miliardi di dollari di patrimonio, quasi due volte il fatturato aziendale, e l’ha inventata nel primo dopoguerra il papà Pietro, pasticcere ad Alba, quando la crema di cioccolato si chiamava ancora Giandujot. Dalla prospera bottega delle Langhe alla quarta multinazionale dolciaria nel mondo il passo non è breve.

Etico e solidale
Lui, Michele Ferrero, Mister Nutella (il nome è del 1964), self-made man all’italiana, nato 83 anni fa a Dogliani, terra del Dolcetto, ce l’ha fatta con una ricetta tutta particolare. Che va controcorrente. Prodotto, marketing, territorio. Zero finanza, poco capitalismo di relazioni, nessuna concessione alla mondanità. I sindacati gongolano. Lo stile padronale forse non entusiasma, e i viaggi premio a Lourdes per i dirigenti strappano anche qualche sorriso di sufficienza. Ma neppure a bussare alle porte di Cgil si levano voci critiche. L’accordo sull’integrativo siglato l’anno scorso ha portato nelle tasche dei 6mila dipendenti italiani un bonus da 6.500 euro per quattro anni, una sorta di 15esima da leccarsi le dita. Quattrini in più e un pacchetto normativo attento ai bisogni dei lavoratori. Assistenza pediatrica per i bimbi delle neomamme, sostegno agli addetti in difficoltà. Ad Alba nascerà anche una Banca del tempo, un luogo fisico dove le persone potranno incontrarsi per scambiarsi aiuti.
Anche la Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero, uno dei pilastri delle politiche di responsabilità sociale del gruppo, è rivolta soprattutto a loro, ai dipendenti. Ci sono programmi di aiuto per gli anziani Ferrero, per i bambini e anche una serie di iniziative culturali (soprattutto mostre d’arte) per dare slancio alla regione albese. L’impegno è ampiamente ripagato. E non solo sul luogo di lavoro. I primi a spalare fango nello stabilimento, per ricacciare nel fiume acqua e detriti sputati fuori della terribile alluvione del 1994, sono stati proprio i lavoratori, anticipando tutti, protezione civile inclusa.
L’incoronazione di Forbes a uomo più ricco d’Italia importa poco a Ferrero. Non comunica con la stampa, proibisce a chiunque di farlo. Parlano i fatti, e quel «capitalismo etico e solidale» di cui ha scritto in una lettera diretta ai membri della fondazione.
Il futuro? Michele Ferrero non pensa a un eldorado per la terza età. Non si gode troppo lo yacht ormeggiato a Montecarlo e non partecipa ai gala. Certo, non può più permettersi di viaggiare per visitare i 16 stabilimenti, le fabbriche del Brasile, dell’Ecuador o dell’Australia, e neppure le società del gruppo in Olanda o in Lussemburgo. Ma il signor Michele, come lo chiamano tutti in paese, fa capolino quasi ogni giorno in azienda. Controlla, assaggia, suggerisce. Di più. Tutte le innovazioni di prodotti, si dice, portano ancora la sua firma.

Gli eredi
Le nuove generazioni sono già ai vertici della multinazionale. C’è Giovanni, che però vive a Bruxelles, tutto suo padre. E poi c’è Pietro, che a quel capitalismo di relazioni non dispiace, sedendo ormai da qualche anno nei salotti buoni della finanza, dopo aver lasciato la poltrona in Ifil, e partecipa alle riunioni in qualità di consigliere di Mediobanca, Italcementi e Allianz.


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