Volontariato
Coni Servizi, ma non serve a nessuno Istituito nel 2002 per tappare i buchi del comitato olimpico, si porta ancora dietro un rosso di 60 milioni. Eppure qualcuno ci guadagna di Pasquale Coccia
Sprechi italiani Così sopravvive un ente inutile
di Redazione
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Si scrive Coni Servizi spa, si legge buco nero. Una storia che va raccontata partendo dalla fine. In vista della Finanziaria 2007, una relazione delle Tesoria di Stato informava i ministri Tommaso Padoa Schioppa e Giovanna Melandri che la soppressione di Coni Servizi avrebbe aggravato il bilancio dello Stato. Spingendo di fatto proprio la Melandri, da tempo convinta della necessità di chiudere bottega, a una repentina marcia indietro. Risultato? A febbraio 2008, Coni Servizi è vivo e vegeto. Con buona pace del contribuente.
Un piccolo ripasso. Coni Servizi viene istituto, con la legge n. 8 dell’8 agosto 2002, per volere dell’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Obiettivo: consentire al Coni di appianare 400 milioni di debiti attraverso la vendita di beni immobili ritenuti poco strategici e di impianti sportivi. Non solo. Per alleggerire le spese del Comitato olimpico, Coni Servizi ha provveduto ad assorbire circa mille dipendenti per poi scaricarli sui bilanci delle federazioni sportive. E ancora. Sempre aConi Servizi è stata affidata la gestione dello stadio Olimpico di Roma e la possibilità «di partecipare ad altre società, consorzi, associazioni e altri organismi dei quali potrà promuovere la costituzione». Insomma, mani libere.
Purtroppo però i conti non tornano. Di quei 400 milioni di rosso del 2003 ne restano ancora in bilancio 60. E soprattutto il Coni non è stato in grado di autofinanziarsi: il comitato olimpico continua infatti a percepire finanziamenti pubblici pari a 450 milioni annui. Anzi, è lo stesso Coni a finanziare Coni Servizi: 179 milioni nel 2003, 175 nel 2004, 167 nel 2005 e 185 nel 2006. Ma le sorprese non sono finite qui. Per un lavoro che non ha prodotto alcun risultato tangibile, Coni Servizi – quindi il Coni, quindi i contribuenti – versa annualmente nelle tasche dei cinque membri del suo consiglio di amministrazione – per quattro sedute in dodici mesi – 40mila euro l’anno cadauno.
Sapete poi chi è il presidente del cda di Coni Servizi, incapace di delineare efficaci politiche di autofinanziamento del Coni? Gianni Petrucci (nella foto). Ovvero il presidente del Coni. E l’amministratore delegato? Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni, un uomo da 150mila euro l’anno.
Un’ultima chicca: il compito primario del presidente di Coni Servizi, come si legge nella definizione delle competenze attribuite a ogni organo della società, è di «curare i rapporti istituzionali con il Coni». Petrucci, dunque, dovrebbe curare i rapporti con se stesso, visto che si trova nella duplice veste di presidente del Coni e di Coni Servizi spa. Un evidente conflitto di interessi e mancanza di trasparenza che la Corte dei Conti aveva, fra l’altro, rilevato già nel 2005.
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