Cultura

Cnca, chi siamo e cosa vogliamo

Confronti L'attuale presidente del grande Coordinamento replica al suo predecessore

di Redazione

Venticinque anni. Una storia iniziata nel 1982, quando un gruppo di sacerdoti, di religiose e religiosi, di laici diede vita al Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, in sigla Cnca. Donne e uomini di fede che hanno avuto il coraggio di fondare un’organizzazione laica che si caratterizzò da subito nello scenario del “privato sociale” italiano per il suo voler aggregare esperienze concrete di accoglienza e di condivisione. Dal vivere assieme e dal farci carico delle fatiche di molti sono nate la riflessione culturale e la proposta politica. Il Cnca è stato fondato anche per produrre cultura, alternativa a quella dominante, pensata come normalità altra fatta di accoglienza e di ascolto, gratuità e responsabilità. E, nel contempo, il coordinamento si è sempre proposto come soggetto politico che interagisce con le istituzioni, i partiti, le diverse parti sociali perché si sviluppino politiche inclusive, capaci di offrire spazi di cittadinanza attiva a tutti coloro che abitano le nostre città.
È questa ancora oggi l’identità della nostra federazione. Il Cnca non è ora in mano a “manager” che si limitano a gestire l’esistente – come affermato da un ex presidente del coordinamento nell’articolo apparso nel numero 51/52 di Vita, una persona a cui la nostra federazione deve molto, ma dalla quale ci siamo anche, da tempo, emancipati. Né intende essere un’alleanza di “imprenditori” sociali.
L’urgenza, per noi, è la lotta alla povertà. Su questo è nato un dibattito che non ci convince: non basta agire sulla leva fiscale o aumentare il reddito dei cittadini e delle famiglie per dare un sostegno efficace a persone che vivono situazioni difficili e complesse. Occorre definire un nuovo patto sociale, ripensare e riqualificare il welfare, rilanciare i servizi alla persona.
Per questo la nostra federazione – che ogni anno, con i suoi diversi tipi di servizi e forme di accoglienza e accompagnamento e i suoi 10mila operatori sociali, contatta oltre 130mila persone e ne accoglie 40mila – ha inviato recentemente una lettera aperta al presidente del Consiglio, ai ministri e ai segretari delle organizzazioni sindacali per ricordare loro che non è sufficiente accrescere le risorse economiche a vantaggio dei redditi più bassi per migliorare sensibilmente l’esistenza dei più poveri, ma è indispensabile aumentare e potenziare i servizi di base.
Nella lettera abbiamo avanzato quattro proposte fondamentali: il raddoppio del Fondo sociale nazionale e la sua determinazione attraverso il meccanismo della quota capitaria (oggi pari a circa 40 euro per abitante a fronte dei 350 euro pro capite stanziati per il bilancio della Sanità), la definizione dei Livelli essenziali di assistenza (senza i quali non ci sono diritti esigibili, uguali su tutto il territorio nazionale), il ripristino del Reddito minimo di inserimento (con la Grecia siamo l’unico Paese dell’Ue a 15 privo di uno strumento di lotta alle povertà estreme), la definizione dei profili delle professioni sociali (competenze e percorsi di formazione).
Nelle prossime settimane la lettera diventerà un appello e cominceremo a raccogliere le firme in tutta Italia. Una nuova tappa per un’organizzazione sociale che ha sempre voluto mettere assieme “saperi e sapori”: idee, organizzazione e passione.

Partecipa alla due giorni per i 30 anni di VITA

Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.