Non profit
i nonni di blade runner
film Ridley Scott firma un cupo ritorno agli anni Sessanta
di Redazione

E c’è un tempo in cui il mondo si accinge a trasformarsi in modo che sembra definitivo. Senza preavviso, gli equilibri cominciano a cambiare, seguiti dalle morali e accompagnati dall’economia e dalla politica (o dalla sua assenza). È questo in fondo il vero tema di American gangster, che arriva 25 anni dopo Blade runner e forse ne porta a compimento l’analisi.
Nel futuro, Ridley Scott aveva intravisto l’incubo di lotte impreviste tra esseri umani e replicanti. Nel passato di American gangster (la fine degli anni 60) invece rintraccia l’emergere di un nuovo individualismo, del tutto contemporaneo. Dal punto di vista strutturale il film, che classicamente racconta ascesa e declino di un boss, può essere letto come la scoperta di un nuovo individualismo: da un racconto assai frammentato, popolato di personaggi, gradualmente si passa a una narrazione che si concentra su due “eroi”. Sono loro a disporre le pedine sulla scacchiera, a decidere i tempi e i modi della battaglia, a fissarne le regole e, al momento opportuno, a stravolgerle.
Ma il loro individualismo è appunto nuovo, è il risultato di una curiosa mescolanza di etica tradizionale e di comportamenti modernamente spregiudicati. Prendete il criminale (Denzel Washington): si chiama Frank – un nome italiano, e non è un caso, visto che della mafia adotta il sistema parentale – ma è di colore, è affettuoso con la madre, teneramente innamorato della moglie, e incarna a modo suo un “sogno” di affermazione che non è fatto di simboli e di stravaganze. A vederlo lo si direbbe un uomo d’affari e in fondo lo è: per lui importare direttamente l’eroina avvalendosi della complicità dell’esercito (e con la quale invade Harlem) vuol dire tagliare le spese di distribuzione e quindi “offrire” al mercato un prodotto migliore e a prezzi più competitivi. Analogamente bizzarro è il suo rivale: in un contesto in cui tutta la polizia prende mazzette, Ritchie (Russel Crowe) trova e restituisce un bottino di quasi un milione di dollari (ed è perciò guardato con sospetto). Ma, come dice l’ex moglie, la sua ossessione per l’onestà maschera una più profonda assenza di scrupoli?
Attorno a questi due outsider, un universo molto violento, immorale e senza meta: la guerra in Vietnam che ogni tanto fa capolino dalla televisione è solo il fenomeno più grave di uno smarrimento collettivo profondo e che Ridley Scott ritrae assai bene, con il consueto ritmo narrativo, con una messinscena efficacemente cupa, con una regia implacabile e rigorosa.
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