Non profit

Fondi sovrani, con la Csril matrimonio è regale

Azioni d'oro Oslo e Singapore puntano 700 miliardi nella finanza etica

di Redazione

Wal-Mart strapazza i suoi dipendenti? Alla cassa il prezzo è da pagare è 400 milioni di euro, la somma che il Fondo pensione norvegese (ex Petroleum Fund) ha deciso, in aperta polemica, di disinvestire dal capitale del colosso della distribuzione Usa. Visto da Oslo, lo strapotere finanziario dei fondi sovrani (ricchissimi veicoli statali di investimento) non fa poi così tanta paura. Anzi, sembra rappresentare un’enorme opportunità, come suggerito dall’analista Michael Walsh di Ethical Investor: «Se due o tre di questi superfondi decidessero di promuovere best practice aziendali, potrebbero davvero cambiare volto al pianeta». L’ipotesi non è campata in aria. I primi dieci fondi sovrani hanno in pancia la bellezza di tremila miliardi di dollari, una montagna di quattrini sotto il materasso, destinata a sostenere il budget futuro del Paese di riferimento quando le risorse saranno esaurite. Fino a ieri, i sovereign fund di prassi investivano l’enorme liquidità in obbligazioni e titoli di Stato. Tranquilli rendimenti. Ora, invece, si muovono famelici in un mercato scosso dalla crisi subprime e pieno di società svalutate: nell’ultimo trimestre questi giganti hanno scucito 35 miliardi per uno shooping a cinque stelle (il 4,9% di Citigroup nelle mani di Abu Dhabi, il 7,9% di Ubs in quelle di Gic di Singapore). Capitali freschi in soccorso delle banche, ma anche preoccupazioni per ingerenza di Stati stranieri nella governance di imprese private. Il timore sta nella scarsa trasparenza di questi fondi, spesso guidati da governi autoritari, tanto che Bruxelles ha preso ad invocare una golden share per impedirne l’espansione.

Monarchi illuminati
La via di uscita dall’impasse l’ha indicata il il fondo pensione norvegese, che dal 2004 ha deciso di puntare sull’etica. Con tanto di commissione interna che sceglie quali azioni tenere in portafoglio e quali escludere. Fino a muoversi secondo un attivismo virtuoso, ripagato in super rendimenti e da un alto ritorno sociale. In alcuni casi la cessione di quote azionarie (le imprese della difesa) non arriva a cambiare le politiche aziendali. Ma in molte altri il boicottaggio diventa un elemento di pressione formidabile. In India le critiche del fondo hanno costretto la multinazionale dell’acciaio Vedanta a cambiare marcia sulle condizioni di lavoro.
Accanto al tributo di Oslo alla responsibility, c’è fermento anche nell’altro emisfero. In Australia il governo ha nominato come nuovo top manager del Future End, Paul Costello, ex guida del superfondo del non profit Annuation Trust. Una decisione che potrebbe cambiare la gestione degli assets. Anche in casa del Governement investment corporation di Singapore si sta studiando come adottare politiche di Csr. E intanto i cugini del Temasek (Singapore) hanno lanciato una fondazione filantropica.

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