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Il Convegno “E usai con essi misericordia”. Storia e solidarietà da San Francesco all’AIFO
Oltre 200 i partecipanti all'evento che ha ripercorso la storia della malattia che ha rappresentato l'impulso all'impegno sociale di San Francesco come a quello di Raoul Follereau
di AIFO
Oltre 200 persone hanno preso parte nei giorni 1 e 2 marzo al Convegno “E usai con essi misericordia. San Francesco e il servizio ai malati di lebbra”, organizzato dall’AIFO in collaborazione con il Sacro Convento di Assisi, il Protoconvento S. Francesco di Rivotorto di Assisi, l’Istituto Teologico di Assisi, l’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum”.
In apertura, il Cardinale Javier Lozano Barragàn, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, ha salutato l’AIFO con queste parole: “Oggi gli amici di Raoul Follereau si sono riuniti qui, nell?ottavo centenario della Conversione di San Francesco, perché vogliono imitarlo, vogliono dare anche il loro amore ai lebbrosi, come tante volte chiedeva Raoul Follereau. Queste persone hanno piena fiducia in Dio e vogliono che i beni dei quali godono si partecipino anche a questi malati, tante volte ignorati, oppure emarginati. Nel loro cuore rimarrà sempre la bellezza della sua apertura agli altri e la convinzione di cooperare per la felicità di tanta gente. Così, come dice l?obiettivo generale che avete fissato per gli anni 2006-2010, vi apprestate ad attuare specifici programmi d?intervento sociale e sanitario, al fine di contrastare le condizioni di sottosviluppo, povertà, denutrizione ed emarginazione che causano la diffusione di gravi malattie, in primo luogo il morbo di Hansen, e di gravi disabilità. Permettetemi di felicitarvi per questo Convegno di studio e di augurarvi tutta l?efficacia a beneficio dei nostri fratelli lebbrosi, contando sempre sull?intercessione di San Francesco”.
Dopo i saluti delle Autorità convenute e l’introduzione del moderatore Padre Guglielmo Spirito, Frate Minore Conventuale e Vicepreside dell’Istituto Teologico di Assisi, Don Mario Sensi, Docente di Storia Medioevale dell’Istituto Teologico di Assisi, ha delineato un panorama storico sulla diffusione della lebbra nel Medioevo nell’Italia centrale e ad Assisi.
Nuove prospettive sul ruolo svolto dai malati di lebbra nella vita di San Francesco e dei Francescani sono state offerte da padre Pietro Maranesi, Frate minore Cappuccino, che ha evidenziato come l’incontro con il lebbroso sia stato per Francesco l’evento dal quale ha preso origine la sua conversione. Successivamente, nota Maranesi, il servizio ai malati di lebbra è stato progressivamente messo in secondo piano dalle fonti francescane, per una serie di motivi che originano dalla volontà di alcuni biografi di dare una natura ascetica alla sua conversione o di presentare l’abbraccio con il lebbroso come un atto eroico di Francesco, anziché, come fu realmente, come una scelta di carità che caratterizzò tutta la vita del Santo, al punto che da molti indizi si può dedurre che forse lo stesso Francesco, sul finire della sua vita, contrasse la lebbra.
Nella seconda giornata, Luciano Sandrin, Preside del Camillianum di Roma, ha presentato il tema “Paura del contagio, contagio della paura”, mettendo in evidenza il ruolo che paure ed angosce, non solo dei malati ma di chi li dovrebbe curare, giocano nell’evoluzione di una malattia. Sandrin ha così concluso, citando Follereau: “Se Cristo domani busserà alla tua porta… lo riconoscerai? Il titolo di un famoso libro di Raoul Follereau può diventare la domanda che ognuno di noi deve fare propria. Può avere il volto del malato. Forse non gli apriamo perché abbiamo paura del contagio, ma forse semplicemente perché ci siamo lasciati contagiare dalla paura. Se lo riconosciamo gli apriamo la porta, ma nel nostro avvicinarci noi diventiamo il Cristo per quel malato. Siamo noi, in quel momento, la sua speranza”.
A chiusura del Convegno, Alice Joseph, del Progetto AIFO Cochin, Kerala – India , ha delineato la situazione della lebbra oggi in India, il paese con il maggior numero di nuovi casi ogni anno, e ha ricordato che curare la lebbra vuol dire curare la persona nella sua totalità e non solo la sua malattia, principio attuato con costanza dall’AIFO in tutti i suoi interventi.
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