Non profit

Le onlus sull’ottovolante

La story tormentatissima di un provvedimento innovativo

di Gabriella Meroni

Si sono chiuse il 31 marzo le procedure telematiche per iscriversi agli elenchi dei beneficiari del 5 per mille di quest?anno. È la terza volta che le onlus e le associazioni di promozione sociale (oltre – da oggi – le fondazioni nazionali a carattere culturale) sono chiamate a scervellarsi davanti al computer, seguendo pixel per pixel le istruzioni dell?Agenzia delle Entrate e incrociando le dita per non sbagliare.

La terza volta, ma non ce n?è stata una uguale all?altra: tanto per non annoiarci, governo e amministrazione fiscale hanno pensato bene di disporre regole diverse per ciascuno dei tre anni di vita di questa misura di cui gli italiani si sono innamorati, ma che di sicuro non conoscono al punto da sapere quanti sudori freddi costa a chi ci deve mettere le mani.

Tutto cominciò con la Finanziaria del 2005, quando l?allora ministro dell?Economia Giulio Tremonti inserì (ma senza dotarlo di previsione finanziaria) il 5 per mille «in via provvisoria e sperimentale», destinandolo al volontariato, alla ricerca scientifica e sanitaria e ai servizi sociali dei Comuni. Nacque così, con frettoloso cesareo, il primo esempio italiano di sussidiarietà fiscale.

Reso operativo per la prima volta con le dichiarazioni dei redditi 2006, e non supportato da alcuna campagna promozionale (nel frattempo, aprile 2006, era cambiato il governo) ottenne un successo clamoroso: il 60% dei contribuenti, oltre 15 milioni di italiani, lo scelsero, destinandolo a oltre 28mila enti (più di 6mila saranno però esclusi) e servizi sociali dei Comuni, per una raccolta totale di 345 milioni.

Tutto benissimo, no? Non proprio. Siamo alla fine del 2006, e sul cammino del 5 per mille si addensano nubi e ostacoli. Innanzitutto, quella mancata previsione finanziaria – un «peccato originale» che è stato recentemente ricordato a Tremonti da La Repubbica – rende difficile reperire i fondi per la copertura; non bastasse questo, il governo prima ?dimentica? di inserirlo nella Finanziaria per il 2007, poi si corregge, ma ci piazza un ?tetto? da 250 milioni. Parte una campagna del terzo settore, e lo si alza a 400 milioni. Non è finita: i pagamenti del 2006 non arrivano (oggi sono in itinere, diciamo), e nel 2007 una serie di ritardi e contraddizioni nelle regole per iscriversi agli elenchi fa strage di onlus: la seconda edizione del 5 per mille vede 31mila enti iscritti e circa 10mila esclusi (un dato ancora stimato, visto che gli elenchi definitivi non sono ancora stati pubblicati, nonostante per legge dovessero essere resi noti sempre entro il 31 marzo).

E siamo alla terza edizione: incredibilmente si ripete la farsa della ?dimenticanza? in Finanziaria, poi sanata, ma il governo dà il meglio di sé con il nuovo tetto: solo 100 milioni. Devono di nuovo partire gli strali del non profit, ed ecco il ritocco a 380 milioni. Dulcis in fundo, il Milleproroghe, che inserisce tra i beneficiari le associazioni sportive dilettantistiche e le fondazioni culturali nazionali, costringendo le Finanze a modificare quattro o cinque volte il Cud, e ritocca al rialzo (5 milioni per ciascuna annualità) i due tetti. Fino al 31 marzo scorso, in cui si è chiusa la prima fase per partecipare al riparto delle somme 2008. Vi siete persi in questa giungla di annate, dpcm, elenchi, tetti e iscrizioni a due tempi? È normale, succede anche ai funzionari delle Entrate. Eppure una via d?uscita per evitare tutta questa confusione c?è, e sarebbe togliere il 5 per mille dalla precarietà delle Finanziarie e renderlo stabile con una legge ordinaria (vedi articolo di Carlo Mazzini). La prossima legislatura ce la regalerà?


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