Formazione

Uno strumento da usare meglio

L’intervento del sottosegretario Cristina De Luca: potevamo fare di più

di Redazione

Il rischio che si corre nel parlare di giovani, forse oggi più di ieri, è quello di relegarli tutti insieme in una ?condizione? – quella giovanile, appunto – che facilmente assume i caratteri di un ?problema? che la società ?deve? affrontare: dal bullismo allo scarso rendimento scolastico, dalla prolungata permanenza in casa dei genitori alla mancata assunzione di qualsiasi responsabilità. In realtà, oggi più di ieri esistono delle condizioni che mettono i giovani in difficoltà: il lavoro, la casa, il futuro.

Il disagio è la spia di una relazione educativa che fa fatica a funzionare in famiglie dove per i padri e per le madri – per una serie di ragioni legate anche all?organizzazione della nostra vita – è diventato più complesso spendere tempo con i figli cercando di accogliere anche le domande inespresse.

Lo stesso vale per la partecipazione e la cittadinanza attiva: non sono i concetti astratti che possono attirare o non attirare, bensì delle proposte specifiche e motivate. La mia esperienza con i giovani, a partire dagli scout e passando attraverso la maggior parte delle Giornate mondiali della gioventù, mi ha dimostrato che in qualsiasi tempo le proposte impegnative, fatte magari con rigore ma con autenticità, non vedono mai i giovani tirarsi indietro. È il mondo degli adulti, allora, che deve interrogarsi. Si è parlato molto in questi mesi di una crisi di interesse per la politica: quanta parte hanno avuto in questo le organizzazioni partitiche che poco hanno investito nella formazione dei giovani al bene comune e spesso li hanno catapultati nell?agone in funzione meramente strumentale, perché simbolizzassero con la loro presenza un ?mondo? di appartenenza?

Anche nel mondo del sociale si registra una flessione della partecipazione: forse la preoccupazione di dare risposte a dei bisogni è andata a svantaggio di percorsi educativi che aprissero i più giovani alla solidarietà come valore imprescindibile del cittadino?

A fronte di questa difficoltà delle agenzie educative, sono convinta del valore del servizio civile come luogo nuovo di formazione e di sperimentazione per i giovani.I dati dell?ultimo Rapporto Cnesc ci dicono che il valore aggiunto del servizio civile per i volontari è stato soprattutto l?arricchimento umano, l?acquisizione di competenze professionali, la comprensione dell?importanza dell?altruismo e, non meno importante, l?aumento della consapevolezza su di sé. Quasi l?80% del campione rifarebbe la scelta di svolgere il servizio civile; circa il 18% lo rifarebbe ad alcune condizioni e solo il 3% dei ragazzi afferma che non ripeterebbe l?esperienza.

È chiaro che i problemi non mancano. Esiste ancora una forbice tra Nord e Sud della penisola per la quale, in alcuni casi, al Sud il servizio civile può diventare il sostituto di un lavoro che non c?è, mentre al Nord è più difficile trovare adesioni perché si entra presto nel mondo del lavoro; tuttavia, sia al Sud che al Nord ho trovato esperienze eccezionali di servizio.

Sicuramente è necessaria una informazione sul servizio civile più diretta e che sappia valorizzare l?esperienza dei ragazzi che il servizio lo hanno già svolto: sappiamo che l?avvicinamento al servizio avviene ancora oggi, per la maggior parte, per ?contagio?, tramite il passaparola tra coetanei.

Come organismi istituzionali – ministero della Solidarietà sociale e Ufficio nazionale del servizio civile – rimane il rincrescimento di non aver potuto portare a termine la verifica totale del ?sistema? servizio civile che ci eravamo proposti tramite l?aggiornamento della legge del 2001, la verifica del sistema di accreditamento degli enti e dei criteri di compilazione dei progetti, il coordinamento delle competenze con le Regioni, la rivisitazione del rapporto con enti nuovi e storici e il monitoraggio degli ambiti di intervento.


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