Politica

Il più grande investimento? L’educazione finanziaria

Intervento/1

di Redazione

La prima cosa che chiederei al futuro governo è un?azione di qualificazione della domanda, presupposto per garantire l?efficacia di qualsiasi riforma del sistema dei servizi. Cioè un forte investimento nell?educazione finanziaria. Il nostro è un Paese di (semi)analfabeti finanziari. Non c?è dubbio sul fatto che tanta parte della diffidenza nei confronti delle istituzioni finanziarie dipende dall?asimmetria del rapporto. Quando non si capisce che cosa si compra, si ha nei confronti del fornitore un rapporto di sudditanza, che si trasforma in acrimonia quando ci si sente (a volte, ma non sempre, a ragione) traditi. Finché i risparmiatori ed i piccoli investitori non assumeranno la piena responsabilità delle proprie scelte, tutte le norme sulla trasparenza si riveleranno inutili, perché comunque essi non saranno in grado di assimilare la valanga di informazioni che ricevono. Un investitore maturo non dovrebbe contare troppo sulla protezione paternalistica dello Stato nella gestione di un rapporto in tutto e per tutto privato.

Continuo a ritenere difficilmente praticabile la via della legislazione per supportare lo sviluppo della finanza etica, comunque la si intenda. La riserva più forte è legata alla quasi impossibilità di arrivare ad una definizione condivisa. E, per quanto raffinata essa sia, nell?esatto momento in cui ci si riuscisse a individuarla, si metterebbero in moto i meccanismi per un utilizzo strumentale dei benefici eventualmente riconosciuti, con un inevitabile appiattimento verso il basso dell?intero settore. Io credo che occorra avere fiducia nella qualità del lavoro che si fa e nella capacità degli investitori e dei risparmiatori, adeguatamente informati, di apprezzarne le motivazioni ed i risultati.

Quello di cui sento davvero il bisogno è di più etica nella finanza. Credo che occorra rafforzare tra gli operatori la consapevolezza del fatto che nel loro lavoro essi maneggiano dei beni comuni. Senza una morale nell?esercizio della professione, nessuna regola sarà sufficiente, perché l?incentivo ad aggirarla sarà sempre molto forte e gli strumenti per riuscirci altrettanto facili. Occorre che sia la stessa comunità degli operatori a punire con severità chi viola le norme deontologiche. Ma la realizzazione di questa speranza dipende solo in parte dal futuro governo.


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