Formazione

Inchiesta su don Gelmini: “la comunità Incontro non è coinvolta”

Sull'estraneità della struttura ai fatti contestati al sacerdote è stato molto chiaro il sostituto procuratore Barbara Mazzullo

di Redazione

Se Don Gelmini e due suoi collaboratori sono nel mirino dell’indagine per abusi sessuali portata avanti dalla Procura di Terni, la Comunità Incontro invece è completamente estranea e non si indaga sulla struttura che ha salvato e sta salvando centinaia di uomini e donne dalla droga.
Su questo punto è stato chiaro il sostituto procuratore, Barbara Mazzullo. “Il nostro intervento – ha spiegato – mira esclusivamente ad accertare gli eventuali reati commessi dalle singole persone”. Quindi l’opera, la struttura e l’organizzazione della Comunità Incontro di Amelia – messa in discussione in questi mesi – è totalmente estranea all’inchiesta e quindi potrà continuare il suo servizio sociale a riguardo dei tossicodipendenti.
Intanto è stato chiesto il rinvio a giudizio non soltanto per il sacerdote ma anche per due ex collaboratori e per la madre di uno degli accusatori di Don Gelmini. Nel provvedimento depositato ieri presso la cancelleria del Gip, il pm chiede infatti che sia processata la madre di uno degli accusatori di Don Pierino perche’, dopo essere stata ascoltata dalla squadra mobile di Terni come persona informata sui fatti e ”avendo appreso – si legge nel provvedimento – dell’esistenza di dichiarazioni accusatorie formulate a carico di Gelmini dal proprio figlio”, avrebbe comunicato tali circostanze a uno dei collaboratori di don Pierino, del quale anche e’ stato chiesto dal pm il rinvio a giudizio, perche’, scrive il pm, ”a sua volta le comunicava allo stesso indagato Gelmini, aiutandolo, in tal modo, a eludere le investigazioni dell’autorita’ giudiziaria a suo carico”.
Ai due collaboratori di Don Gelmini, inoltre, nella richiesta di rinvio a giudizio il pm contesta che i due ”avendo appreso dell’esistenza di indagini a carico di Gelmini” proprio dalla madre dell’accusatore del fondatore della Comunita’ Incontro, ”dopo vari colloqui telefonici” con la donna e dopo che uno di loro si era recato nell’abitazione della donna e del figlio, ”in concorso tra loro”, ”mediante offerte di lavoro, inducevano” l’accusatore di Gelmini a ”sottoscrivere una lettera datata 24.11.06, inviata in data 29.11.2006 sia all’ispettrice Mancini che alla procura della Repubblica di Terni, in cui lo stesso falsamente affermava di aver reso le precedenti dichiarazioni del 15.11.2006 in ‘evidente stato confusionale sotto l’effetto di psicofarmaci’, aiutando in tal modo Gelmini ad eludere le investigazioni dell’autorita’ giudiziaria a suo carico”.
Inoltre, secondo il pm, i due ”in concorso tra loro, mediante molteplici contatti telefonici intercorsi tra i medesimi” e la madre dell’accusatore ”anteriormente alla data (31.5.2007)” in cui l’uomo ”era stato convocato dal pm di Terni, compivano atti idonei, univocamente diretti a indurlo, mediante l’offerta di lavoro e somme di denaro che gli venivano effettivamente corrisposte in varie occasioni (tra cui il 3.4.07 mediante l’inoltro on line di una vaglia postale dell’importo di 500 euro), a ridbadire mendacemente al pm (nel corso della predetta audizione del 31.05.2007) il contenuto della lettera” e ”piu’ in generale la falsita’ delle precedenti accuse a carico di Gelmini e altre circostanze non veritiere, senza riuscire nel loro intento” perche’ il 31.5.2007 l’uomo, ”sentito quale indagato in ordine al reato di calunnia in danno di Gelmini, ribadiva le originarie accuse del 15.11.06 e affermava il carattere non spontaneo e mendace dlla missiva datata 24.11.06”.


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