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Telefono Azzurro: decalogo per un corretto approccio allo sport di bambini e adolescenti
– Un’attività sportiva fa sempre bene ai giovani, purché siano loro a sceglierla e a volerla praticare.
– Le specializzazioni precoci possono essere controproducenti. L’età migliore per prendere la strada della specializzazione è tra i 10 e i 15 anni, a seconda degli elementi tecnici caratteristici della disciplina prescelta. E’ infatti indispensabile riconoscere e rispettare i normali limiti fisiologici di un bambino in crescita.
– E’ bene, nella scelta di un’attività sportiva, indirizzare i giovani alla pratica di molteplici attività fisiche, in modo da favorire l’utilizzo di tutti gli arti, inferiori e superiori, e di entrambi i lati del corpo.
– Nelle attività sportive dovrebbe prevalere la componente ludica, evitando la ripetitività del gesto specifico e la ricerca ansiosa dei risultati: la pratica sportiva deve lasciare spazio e tempo all’immaginazione, alla fantasia, alla ricreazione.
– L’attività sportiva si deve porre come primo obiettivo la crescita armoniosa del bambino: il sistema di regole, l’adozione di un codice comportamentale hanno infatti il compito di trasformare l’anarchia dell’infanzia in socialità (diversamente dal gioco, in cui il bambino esprime la sua fantasia in modo spontaneo ed egocentrico, poco attento alla reciprocità). Inoltre lo sport è un potente mezzo per sviluppare la capacità di superare le difficoltà, la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, l’autonomia, la motivazione e la capacità di collaborare con gli altri.
– L’esperienza sportiva dei giovani atleti è influenzata fortemente dalla figura dell’allenatore, in particolare dal suo modo di porsi nei confronti dei ragazzi. Egli deve essere consapevole del suo potere di determinare notevolmente il modo in cui viene percepito il livello di capacità personale come pure l’importanza del risultato della gara.
– Bisogna limitare l’agonismo estremo, affinché lo sport non perda la sua caratteristica ludica e la sua funzione educativa, avvicinandosi invece a modalità che a volte poco si addicono allo sviluppo del bambino, che non rispettano i suoi ritmi di crescita e nemmeno i suoi diritti: si pensi ai “baby-giocatori”, costretti a cambiare città, a trascurare gli studi o, nel peggiore dei casi, all’uso o abuso di sostanze farmacologiche dopanti, molto rischiose per la salute.
– E’ bene utilizzare l’attività agonistica soprattutto come modalità per indirizzare costruttivamente l’aggressività, orientandola verso una meta positiva, per imparare a praticare l’assertività, a entrare in empatia con l’altro anche quando questi è l’avversario.
– E’ necessario infine insegnare ai giovani, anche per quanto riguarda il tifo sportivo, il rispetto dell’avversario e l’accettazione della sconfitta, al fine di prevenire le gravissime manifestazioni di violenza cui più volte si assiste in occasione delle partite di calcio.
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