Cultura

Tibet, violenze a Lhasa: 2 morti, molti i feriti

Negozi in fiamme, è il quinto giorno di proteste contro il governo cinese. L'appello del Dalai Lama a Pechino perché fermi l'uso della "forza bruta" contro i manifestanti. La Casa Bianca: la Cina

di Redazione

Ancora violenze in Tibet: numerosi negozi nel centro di Lhasa sono stati dati alle fiamme. Secondo quanto ha riferito la Cnn, ci sarebbero due morti negli scontri che da questa mattina stanno scuotendo il capoluogo della regione autonoma del Tibet, da giorni teatro di proteste contro il governo cinese. Da cinque giorni il Tibet è scosso da disordini in coincidenza con il 49mo anniversario della rivolta contro il governo cinese. Secondo quanto riferito dai testimoni citati dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, i negozi dati alle fiamme si trovano lungo le due vie principali del capoluogo tibetano, intorno al tempio Jokhang e al monastero di Ramogia Monastery. Incendiato anche il mercato di Chomsigkang. Alcune persone sarebbero rimaste ferite negli scontri. Secondo quanto hanno riportato testimoni alla Cnn, nelle strade di Lhasa sono stati esplosi colpi di arma da fuoco e sparati lacrimogeni. Nel capoluogo, un migliaio di persone avevano tirato sassi contri le forze dell’ordine ed i loro mezzi, e hanno dato alle fiamme negozi di proprietà di cinesi dell’etnia han. Intanto sono stati chiusi e circondati dalla truppe cinesi i tre monasteri tibetani dei monaci che da giorni portano avanti proteste pacifiche contro il dominio cinese. La notizia e’ riportata dall’organizzazione americana International campaign for Tibet: “Tutti e tre i monasteri sono stati chiusi ai turisti, secondo quanto riportano diversi operatori turistici” si legge sul sito, riferendosi ai monasteri di Drepung, Sera e Ganden che si trovano alla periferia di Lhasa. L’organizzazione poi esprime preoccupazione e timori per un’azione repressiva “nella capitale del Tibet dove c’è una situazione crescente di paura e tensione”. Lunedì scorso 500 monaci buddisti di Drepung hanno sfilato nel capoluogo in occasione dell’anniversario della fallita rivolta del 1959 contro il dominio cinese. Sono seguite proteste simili da parte dei monaci degli altri due monasteri. Secondo quanto riporta Radio Free Asia, due monaci ieri sono rimasti gravemente feriti in un tentativo di suicidio per protestare contro Pechino. I monaci di Sera hanno invece iniziato uno sciopero della fame e si sono rifiutati di seguire le lezioni per protestare contro le misure repressive adottate dalle autorità cinesi contro il loro monastero. Il Dalai Lama ha rivolto un appello a Pechino perché fermi l’uso della “forza bruta” contro i manifestanti tibetani. “Queste proteste – ha detto in una nota il leader tibetano in esilio – sono una manifestazione del profondo risentimento del popolo tibetano nei confronti dell’attuale governo. Mi appello alla leadership cinese perché cessi di usare la forza e affronti il risentimento a lungo sopito del popolo tibetano attraverso il dialogo”. da parte sua, la Casa Bianca si dice “rammaricata” per gli incidenti e sollecita la Cina ad avviare un dialogo con il Dalai Lama. In una nota, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Gordon Johndroe, ha affermato: “Pechino deve rispettare la cultura tibetana, deve rispettare la multietnicita’ della loro società”. Gli ultimi sviluppi in Tibet “ci preoccupano molto, chiediamo con fermezza alla Cina di porre fine alla repressione”, ha detto anche il ministro degli Esteri Massimo D’Alema.

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