Mondo
Dalle ong decalogo per i primi 100 giorni di governo
Chiesta con forza dagli Stati Generali della Cooperazione internazionale l'istituzione di un'Agenzia, dopo l'affossamento del progetto nel testo di legge approvato in Senato
di Chiara Sirna
Un ”patto preventivo” in dieci punti per tutti i candidati e le forze politiche che si presentano alle elezioni del prossimo 13 e 14 aprile, affinche’ il Governo e il Parlamento che risulteranno legittimati dalle elezioni “rendano piu’ efficace l’azione di cooperazione e solidarieta’ del nostro Paese, a partire della previsione di una delega specifica alla cooperazione all’interno del Governo, dalla valorizzazione del metodo del confronto con la societa’ civile, dalla conferma dell’urgenza di una riforma complessiva del sistema di cooperazione, e la garanzia dello stanziamento delle risorse necessarie per la sua attuazione”.
A presentare il ”decalogo”, questa mattina a Roma, gli ‘Stati Generali della Cooperazione‘, coordinamento di oltre 150 realta’ della cooperazione e solidarieta’ e diritti umani alla presenza di rappresentanti dei candidati premiera con l’unica eccezione di Fausto Bertinotti, intervenuto in apertura dei lavori. In particolare gli Stati Generali ritengono che nei primi 100 giorni il nuovo Governo debba ribadire l’urgenza di una riforma complessiva del sistema di cooperazione come elemento centrale per il rilancio e definizione di nuove politiche di solidarieta’, assumendo un ruolo trainante in questo processo. Prevedendo una delega specifica alla cooperazione all’interno del Governo, ad esempio con la nomina di un sottosegretario responsabile dell’attivita’ di cooperazione allo sviluppo al quale sono attribuiti il titolo e le prerogative di Viceministro.
In secondo luogo le Ong invitano a procedere speditamente all’istituzione di un’Agenzia che sia responsabile dell’attuazione degli indirizzi della politica di cooperazione allo sviluppo, e che al fine di garantire l’efficienza della gestione delle risorse, operi secondo i principi civilistici, anche in deroga alle disposizioni della contabilita’ pubblica. Il terzo impegno richiesto riguarda la presentazione di un disegno di legge di riforma, ispirata ai principi dell’ ‘unitarieta” della politica di cooperazione allo sviluppo e di solidarieta’ internazionale, la gestione unificata di tutte le risorse che costituiscono aiuto pubblico allo sviluppo in ‘un fondo unico’, la previsione di forme di coordinamento fra gli attori della cooperazione; all’esclusione esplicita del finanziamento delle attivita’ militari attraverso iniziative di cooperazione; eliminazione della pratica degli aiuti legati; e del riconoscimento e valorizzazione del ruolo della societa’ civile italiana e dei Paesi partner nel disegno e nella realizzazione delle attivita’ di cooperazione.
Al quarto punto del decalogo le Ong chiedono di includere nel Documento di Programmazione Economico Finaziaria 2009-2011 la calendarizzazione dell’aumento progressivo delle risorse pubbliche destinate all’aiuto pubblico allo sviluppo per permettere il rientro stabile della politica di cooperazione allo sviluppo italiana in Europa; il perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Gli Stati generali chiedono quindi ai candidati di assicurare la coerenza tra le diverse politiche (economiche commerciali, sociali e culturali) che producono effetti diretti o indiretti sui Paesi del Sud del mondo, e puntare all’efficacia dell’ aiuto pubblico allo sviluppo. E’ quindi necessario che il Governo istituisca dei processi e meccanismi decisionali volti a verificare il livello di armonia esistente tra gli orientamenti strategici delle diverse politiche. A tale scopo, secondo le Ong e’ opportuno creare un tavolo interministeriale di coordinamento per armonizzare strategie e programmi, che includa almeno i ministeri dell’economia e finanze, del commercio, della salute, dell’ambiente e dell’agricoltura, con il Ministero degli Esteri come punto di riferimento. Il confronto e la verifica periodici tra il tavolo e la societa’ civile dovranno essere elementi costitutivi dello stesso.
Le Ong chiedono quindi che il Governo rispetti gli impegni sottoscritti con la Dichiarazione di Parigi del 2005 e si allinei alle raccomandazioni dell’ European Consensus on Development; rilanciando una politica sul debito estero dei paesi piu’ poveri, perseguendo la politica di cancellazione del debito in forma addizionale rispetto alle risorse destinate al finanziamento dello sviluppo.
Secondo gli ”Stati Generali della solidarieta’ e Cooperazione internazionale” e’ poi necessario affermare con chiarezza che una vera politica di pace deve adoperarsi per rimuovere le ”cause strutturali” che portano ad insanguinare molti parti del mondo ed essere coerente per costruire la pace. Questo significa in particolare che il governo riduca sensibilmente le spese militari, liberando cosi’ risorse da destinare alla spesa sociale, alla pace e alla cooperazione internazionale, agisca a livello internazionale per la regolamentazione del commercio di armi e rafforzi le normative vigenti in materia, promuova le differenti forme di ”impegno civile nelle situazioni di conflitto”, quali: interventi di interposizione, di diplomazia popolare, di ricostruzione del tessuto civile, diriattivazione di processi democratici, di accompagnamento civile, di monitoraggio elettorale e dei diritti umani, di riconciliazione tra le parti, anche nell’ottica della sperimentazione di corpi civili di pace.
Secondo le Ong e’ necessario, inoltre, assumere la prospettiva di genere come parte integrante e fattore trasversale di tutti i programmi di cooperazione, riconoscendo il valore del partenariato e del reciproco protagonismo, in base alla premessa che le donne del Sud, del Nord e le migranti condividono, secondo modalita’ diverse e livelli asimmetrici, condizione di discriminazione, esclusione, violenza e impoverimento legati al loro genere.
In particolare e’ necessario che il Governo stanzi maggiori risorse per le politiche di genere, articolando i temi dei diritti, della sessualita’, dell’accesso ai diritti di proprieta’, delle forme della partecipazione e della democrazia, dell’accesso ai poteri decisionali e alle scelte di bilancio; coinvolgendo direttamente le donne nella loro gestione e garantendo che la dimensione di genere sia parte integrante di tutti i programmi di cooperazione, nonche’ che questi si facciano costantemente carico della lotta alla violenza contro le donne; riconosca l’importante patrimonio femminile di saperi e competenze, sedimentato anche in centri di ricerca e formazione superiore, nel Sud, nel Nord e tra le donne migranti, in grado di offrire un contributo fondamentale per garantire interventi innovativi per l’empowerment delle donne.
Il nuovo governo dovra’, infine riaffermare la salute come diritto universale in ogni parte del mondo e in particolare: promuovere, nei programmi di cooperazione sanitaria, l’armonizzazione e il coordinamento dei promotori, assicurare la titolarita’ dei Paesi partner e il coinvolgimento attivo delle comunita’ locali in tutte le fasi dei programmi stessi; attraverso un ampio processo di consulta, elaborare un documento di programmazione pluriennale che indirizzi gli attori della cooperazione sanitaria italiana, pubblici e privati, mettendo al centro il rafforzamento dei servizi sanitari di base e creando maggiore complementarieta’ e sinergia fra i contributi italiani erogati attraverso i canali multilaterali e bilaterali.
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